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Vittime nazismo, Consulta: incostituzionali norme che non consentono di agire contro la Germania

22 ottobre 2014 | 19.55
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Secondo la Corte Costituzionale, il principio dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile di altri Paesi non opera nel nostro ordinamento qualora riguardi crimini di guerra e contro l’umanità. I giudici erano stati chiamati a pronunciarsi sull'ammissibilità della richiesta di risarcimento da parte dei cosiddetti 'schiavi di Hitler'

Memoriale della Shoah a Milano (Infophoto)
Memoriale della Shoah a Milano (Infophoto)

Sì alla competenza del giudice italiano in merito alle istanze di risarcimento avanzate da vittime del nazismo nei confronti della Germania. Lo ha sancito la Consulta.

''La Corte costituzionale - si legge in una nota - nell’odierna camera di consiglio, ha dichiarato che il principio dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, generalmente riconosciuto nel diritto internazionale, non opera nel nostro ordinamento, qualora riguardi comportamenti illegittimi di uno Stato qualificabili e qualificati come crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona garantiti dalla Costituzione''.

Pertanto, prosegue la nota, ''la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme di diritto interno che impediscono al giudice italiano di accertare l’eventuale responsabilità civile di un altro Stato per tali gravissime violazioni, commesse nel territorio nazionale a danno di cittadini italiani''. ''Queste norme - precisa la Consulta - precisamente perché impediscono l’accertamento giurisdizionale di tale responsabilità e dell’eventuale diritto al risarcimento dei danni subiti dalle vittime, sono state giudicate lesive dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale sanciti dagli artt. 2 e 24 della Costituzione''.

I giudici della Corte Costituzionale erano stati chiamati a pronunciarsi sull'ammissibilità della richiesta di risarcimento alla Germania da parte delle vittime dei nazisti, rastrellate, portate nei campi di lavoro e di concentramento e obbligate a dure attività anche per dodici ore al giorno, i cosiddetti 'schiavi di Hitler', deportati italiani costretti a lavorare per il Terzo Reich per circa 20 mesi, dal settembre 1943 fino al maggio 1945. A portare la battaglia giuridica fino alla Consulta è stato l'avvocato Joaquim Lau, che segue la vicenda fin dagli anni Novanta.

''Accogliamo la sentenza con grande soddisfazione. Si riapre una pagina di giustizia per le vittime dei crimini di guerra e per gli internati militari italiani'', dice all'Adnkronos il procuratore militare di Roma, Marco De Paolis. Il magistrato, che ha istruito diversi processi a criminali di guerra nazisti per le stragi compiute in Italia, auspica che ''ora si possa arrivare a una soluzione: se non a un risarcimento integrale, a una significativa riparazione di danni oggettivi e rilevanti''. ''Il principio sancito dalla Corte Costituzione - conclude De Paolis - è di grandissima civiltà giuridica''.

Per Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei), ''è una sentenza storica, che stabilisce un principio: non ci sono termini di prescrizione per procedere contro i crimini di guerra". "Delitti di questa gravità, che sono contro tutta l'umanità e lesivi al diritto della vita delle persone, non possono cadere in prescrizione né in oblio'', dichiara all'Adnkronos.

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