"Prima di essere un rappresentante diplomatico del Papa, sono un sacerdote". Così descrive il suo nuovo ruolo monsignor Paul Richard Gallagher, nominato da Papa Francesco segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, una sorta di ministro degli Esteri della Santa Sede. "Non sono proprio sicuro che fare il diplomatico pontificio sia una vocazione - afferma a Radio Vaticana - perché credo ci si debba impegnare molto a preservare gelosamente la vocazione sacerdotale, se vuoi fare qualcosa di veramente positivo".
Certamente, per mosignor Gallagher, "è una chiamata all’interno della Chiesa che penso sia ancora molto valida e possa dare un grande contributo alla Chiesa in termini di comunicazione e di rappresentanza, perché spiega le chiese locali a Roma e Roma alle chiese locali".
Ma quanto è importante mantenere i legami tra la Chiesa cattolica e i governi del mondo? "I critici - osserva Radio Vaticana - potrebbero dire 'voi rappresentate una religione, non avete bisogno di mantenere relazioni politico-diplomatiche'...". Risponde Gallagher: "E’ una questione storica, ci siamo evoluti così. Nella mia esperienza di nunzio apostolico, comunque, ho riscontrato veramente una minima ostilità verso la Santa Sede in quanto entità. Piuttosto, si riconosce in essa un grande valore. Si riconosce anche che lavoriamo e diamo un contributo ovviamente fondato sulla nostra fede, ma anche nell’esperienza e nella storia della nostra Chiesa".