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Palermo: arresti rumeni, le prostitute minacciate e costrette a vendersi

29 maggio 2015 | 11.26
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La più piccola aveva compiuto da poco 19 anni, eppure, nonostante la giovanissima età, veniva costretta a vendere il proprio corpo sul marciapiede fino alle tre o quattro di notte, con il freddo e il gelo, e sempre in abiti succinti. E se qualcuna delle ragazze, la più grande aveva 23 anni, osava ribellarsi veniva minacciata e persino picchiata. Sono alcuni dei retroscena emersi dall'operazione 'Caffè export' che ha portato all'arresto di otto rumeni accusati di sfruttamento della prostituzione. Le indagini, condotte dalla Squadra mobile di Palermo, in particolare dalla sezione guidata dal vicequestore aggiunto Rosaria Maida, hanno fatto emergere uno spaccato terribile per le ragazze. Le giovani prostitute venivano agganciata in Romania e poi portate a Palermo con viaggi organizzati. Quui venivano costrette a prostituirsi per strada o anche in qualche piccolo appartamento per venti, trenta, al massimo sessanta euro.

"Il cinquanta per cento degli incassi andava alla ragazza e il restante cinquanta per cento andava agli sfruttatori - dice Rosaria Maida - La zona interessata era quella della Cala e le ragazze erano costrette a vestirsi in modo succinti, anche troppo. Due si loro sono state anche denunciate perché camminavano quasi nude per attirare i clienti". Il cliente tipo è il professionista ma anche l'impiegato. "Alcuni clienti erano 'abituali' - dice ancora Maida - E alcuni di loro si sono anche innamorati delle ragazze cercando di portarle via da quell'ambiente terribile". Le indagini dei poliziotti, coordinati dal dirigente della Mobile Nino De Santis, hanno disvelato dinamiche, equilibri e leadership, alla base della fervente attività di prostituzione che, ogni notte, con cadenza giornaliera, affolla i marciapiedi di un lungo tratto di strada della “Cala”.

Le leve dell’attività di meretricio erano gestite da Nicolae Lucian Serban, alias “Calu””, individuo già noto alle Forze dell’Ordine perché coinvolto, nel 2011, nell’operazione “Sbarazzu”, condotta sempre dagli uomini della Mobile palermitana e ritenuto, allora, uno dei “colonnelli” della prostituzione su strada, sul cui conto i poliziotti palermitani sono tornati ad attingere informazioni, allargando il raggio delle loro indagini anche ad altri suoi connazionali.

L'indagine è stata avviata nel 2014

Nel giugno 2014 è stata avviata l'inchiesta sfociata negli otto arresti e la Squadra mobile ha scoperchiato le fila di un ampio giro di prostituzione, avente quali protagoniste giovani donne romene fatte "giungere a Palermo con false promesse di notevoli e facili guadagni". Le ragazze, una volta arrivate in Italia, venivano iniziate al meretricio lungo le vie Crispi, Cala e Foro Italico Umberto I, del capoluogo. Nel corso dell’indagine sono emerse le responsabilità anche dei fratelli di Nicolae Lucian, Marin e Adrian Marius Serban. I fratelli Serban "per ottimizzare la gestione della propria attività delittuosa, avevano suddiviso il Foro Italico Umberto I in zone, dove ciascuno di loro aveva posizionato le proprie donne, in totale circa 20 ragazze, tutte giovanissime".

Il leader era Nicolae Lucian Serban: a lui, in sostanza, spettava l’ultima parola in relazione ad ogni decisione da prendere, fosse essa legata al tariffario e/o al reclutamento delle ragazze. "Gli indagati, consapevoli di svolgere attività illecite, per eludere presumibili intercettazioni telefoniche durante le loro conversazioni, avevano fatto uso di un linguaggio criptico e convenzionale, attingendo ad un formulario anche semplice, ma efficace: la lista dei rapporti sessuali da poter consumare era, infatti, declinata secondo le varie gradazioni di caffè, lungo, corto e così via", spiegano gli investigatori.

Ciononostante, i poliziotti sono riusciti a decodificare i dialoghi, fornendone una inequivocabile lettura, in alcuni casi, confortata anche da riscontri rilevati dal personale di polizia appostato su strada. Se Nicolae Lucian Serban era il leader del gruppo, due delle donne spinte a prostituirsi erano delegate, in assenza del capo, a raccogliere i guadagni, a garantire la disciplina del sodalizio, a vigilare che nessuna delle “colleghe” deviasse rispetto alla linea dell’obbedienza al capo stesso. Anche tra le prostitute romene si era creata una sorta di scala gerarchica al vertice della quale si ponevano Monica Lacramioara detta la “Negra” e Adelina Florina Velicu, detta la “Stramba o la “Storta”, entrambe destinatarie dell’odierno provvedimento restrittivo.

Si era instaurato un rapporto di subordinazione tra ragazze e sfruttatori

Come spesso accade nei casi di sfruttamento della prostituzione, perché la prostituta “renda” è necessario instaurare un rapporto di subordinazione, anche psicologica, alle dipendenze del protettore. Anche la vicenda di oggi scoperta dai poliziotti non si è sottratta a questa regola non scritta: tra protettore e prostituta sussisteva un rapporto caratterizzato da assoggettamento psicologico che, in taluni casi, sfociava anche in aggressioni. La prostituzione, nella maggior parte dei casi, avveniva su strada e, solo in rare circostanze, all’interno di abitazioni messe a disposizione delle prostitute dallo stesso Nicolae Lucian Serban che diversi immobili possedeva, in zona Lincoln e Stazione Centrale.

L’attività d’indagine, svolta con i classici metodi investigativi, con appostamenti e pedinamenti, prevalentemente notturni si è avvalsa, altresì, di attività tecniche come intercettazioni telefoniche. "Gli sfruttatori non si facevano alcuno scrupolo nell'agganciare le ragazze che poi venivano costrette a prostituirsi", spiega il dirigente della Mobile Nino De Santis.

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