"Il giorno del funerale lo Stato non mi serviva più, quel giorno avrei voluto non vedere nessuno". Sono le parole di Rosalba, la vedova di Salvatore Failla, uno dei due tecnici italiani uccisi in Libia, intervenuta questa mattina alla trasmissione Mattino 5. "Voglio la verità e non mi fermerò fino a quando non l'avrò avuta" ha detto la vedova Failla.
"Ci sono stati tanti momenti in cui mi sono sentita tradita dallo Stato - ha proseguito - dai tempi di prigionia di mio marito, che dovevano essere più corti, dall'autopsia che è stata effettuata in Libia e, infine la prigionia di Salvo anche da morto. Nessuno di noi è stato tutelato. Solo lo Stato si è tutelato. Avrei voluto che mio marito tornasse a casa vivo ma non è stato possibile perché non sono stati capaci, non hanno lavorato come dovevano lavorare e tutti quegli uomini che mi dicevano che si trovavano in Libia per riportarmelo a casa non hanno fatto niente per me. Delle loro scuse e delle condoglianze non me ne faccio nulla".
"Io credo - ha aggiunto - che mio marito si sia sentito abbandonato per tutti gli otto mesi di prigionia, non solo negli ultimi giorni. Voglio chiarimenti e spiegazioni dal governo - ha concluso - perché fino a oggi non ne ho ricevute, né da parte dello Stato, né da parte delle persone che erano sul posto. Voglio la verità e non mi fermerò fino a quando non l'avrò avuta".