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Agguato di mafia a Palermo, freddato in strada il boss Dainotti

22 maggio 2017 | 10.05
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Il luogo dell'omicidio (Fotogramma)
Il luogo dell'omicidio (Fotogramma)

Il boss mafioso Giuseppe Dainotti è stato ucciso questa mattina a colpi di pistola alla testa in via D'Ossuna, nel quartiere Zisa di Palermo.

Dainotti era in bicicletta quando, secondo una prima ricostruzione, sarebbe stato avvicinato da due uomini che gli hanno sparato.

Il boss mafioso era stato condannato per l'omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile e dei carabinieri Bommarito e Morici che l'accompagnavano. Il boss era stato condannato tre anni fa all'ergastolo ma era riuscito a lasciare il carcere, tra le polemiche, beneficiando della Legge Carotti.

Dainotti, come raccontano le cronache giudiziarie di Cosa nostra, era ritenuto un boss del mandamento di Porta Nuova di Palermo. Era stato condannato, oltre per omicidio, anche e per la rapina miliardaria al Monte dei Pegni nel 1991. Era stato scarcerato nel 2014 dopo più di 25 anni di detenzione.

Con lui, grazie alla legge Carotti, furono scarcerati altri boss del calibro di Giovanni Matranga, Francesco Mule e Giulio Di Carlo. Erano stati tutti condannati all'ergastolo per l'omicidio di Basile, Bommarito e Morici.

Non ci sono testimoni, al momento, dell'omicidio del 57enne. A dare l'allarme, come apprende l'Adnkronos, è stato un poliziotto della Squadra mobile libero dal servizio che ha sentito gli spari e alcuni residenti della zona che hanno chiamato il 113 dicendo di avere solo sentito degli spari.

Dainotti era un 'dead man walking', un uomo morto che cammina. Il boss era stato, infatti, 'condannato' a morte da Cosa nostra dopo la sua scarcerazione nel 2014. A ucciderlo doveva essere Giuseppe Di Giacomo, poi ucciso nel marzo 2014. Dainotti doveva essere ucciso da un vecchio nemico, il boss Giovanni Di Giacomo, fratello del mancato killer, con cui avevano fatto affari con la droga negli anni Novanta.

Appena una settimana fa il questore di Palermo, Renato Cortese, nel corso di un seminario sulla lotta alla mafia aveva lanciato l'allarme scarcerazioni dei boss a Palermo. Cortese, parlando alla platea aveva detto: "Ci sono state alcune scarcerazioni che ci preoccupano perché la mafia è un'organizzazione che oggi va alla ricerca di leadership. C'è sempre il timore che trovando una testa pensante in grado di concentrare le varie anime, Cosa nostra possa ritornare a essere pericolosa come prima". Il questore aveva detto che con le scarcerazioni era "reale la possibilità che Cosa nostra possa tornare potente come prima. Per questo monitoriamo in questi mesi ogni singolo movimento, ogni segnale, ogni scarcerazione, perché le organizzazioni sono molto ben radicate sul territorio".

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