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Migranti: Zubin Mehta, Orlando eroe nella cultura accoglienza

05 luglio 2017 | 18.34
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Zubin  Mehta
Zubin Mehta

“Leoluca Orlando? È un eroe nella cultura dell’accoglienza. Il quadro internazionale è di segno opposto, l’Austria ha appena chiuso le porte. Bisognerebbe che i politici di tutto il mondo cantassero l’Inno alla Gioia di Schiller, dove si dice che tutti gli uomini sono fratelli”. Lo dice Zubin Mehta, uno dei più grandi direttori d’orchestra del mondo, arrivato al Teatro Massimo di Palermo dove sta provando in vista del concerto al Teatro antico di Taormina sabato 8 luglio alle 21.30. In programma proprio la Nona di Beethoven, la Sinfonia che si chiude con l’Inno alla Gioia, con l’Orchestra e il Coro del Teatro Massimo, “un’orchestra che in questi anni è cresciuta straordinariamente, con una spalla capace e autorevole, un suono di grande pulizia, è proprio un piacere dirigerla”.

Mehta, nato in India, 81 anni e un’energia straordinaria, è presidente della Mehli Mehta Music Foundation di Bombay, dove più di 200 bambini studiano la musica classica occidentale, mentre un nuovo progetto è nato nelle città di Shwaram e Nazareth per l’istruzione di giovani arabi israeliani con docenti locali e membri della Israel Philharmonic Orchestra. “Israele, un paese che amo ma che spesso mi addolora. Un paese dove le donne non possono andare a pregare al muro del pianto, è possibile accettare una cosa del genere? Il problema che gli ebrei radicali stanno dentro la compagine di governo e Netanyahu deve tenerne conto. Infatti Israele è completamente isolata a livello internazionale, se non fosse per l’America di Trump”.

''L'aeroporto è cambiato in meglio'

Quanto alla Sicilia, Mehta si ripromette presto di fare il turista: “Tornerò al Teatro Massimo l’anno prossimo, per il concerto in programma il 7 marzo. E quella volta mi ritaglierò qualche ora per fare il turista a Palermo, per ora non è stato possibile, lavoro sette ore al giorno. Ho potuto solo accorgermi che l’aeroporto è cambiato in meglio”. Con la Nona di Beethoven, che ha eseguito per la prima volta a otto anni nel ruolo di corista, ha un rapporto strettissimo: “Imparai quella volta, da bambino, l’intero Inno alla Gioia a memoria e non l’ho più dimenticato. Guadagnai cinquanta scellini per l’incisione del disco – racconta sorridendo - dirigeva Von Karajan, uno dei grandissimi che ho osservato da vicino e da cui ho imparato”.

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