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La polemica

Ira Saviano su Di Battista

14 giugno 2018 | 13.40
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(Fotogramma)
(Fotogramma)

"Quante banalità per giustificare le balle sui migranti e farvi sentire a posto con la coscienza. Quante banalità per non dire di essere diventato nulla di più e nulla di meno che stampella di Salvini". Attacco frontale di Roberto Saviano ad Alessandro Di Battista. Su Facebook - in un lungo post sull'immigrazione dedicato al pentastellato in trasferta negli Usa e ai "leoni da tastiera pronti a vomitare bile" -, lo scrittore commenta con qualche giorno di ritardo il video nel quale l'ex deputato M5S difende a spada tratta le decisioni del governo sul caso Aquarius.

"Ed ecco - scrive Saviano - Alessandro Di Battista che, non dal povero Madagascar, mentre magari partecipa a un progetto di cooperazione internazionale patrocinato da una Ong (dovete sapere che le Ong sono le uniche che si preoccupano di costruire qualcosa in Africa, quell'aiutiamoli a casa loro di cui tutti vi parlano ma che nessuno mette in pratica), ma dalla ricca San Francisco, dichiara: "Il futuro degli africani è in Africa". Ovvio, credo che sia quello che si augurano anche gli africani... ma come? Quali sono le politiche di questo governo su armi e cooperazione. Nessuno lo sa. Nessuno lo dice, sapete perché? Perché - si risponde - non ne hanno idea, perché non ce ne sono".

E se per Saviano Di Battista parla di immigrazione "dagli Usa, a spese dell'odiato Berlusconi", gli elettori sarebbero invece aizzati "come cani da combattimento contro quelli che loro chiamano radical-chic (chiunque li critichi lo è), ma non vi hanno insegnato a riconoscerne uno quando ve lo trovate vicino, a un palmo dal vostro naso", spiega, concludendo il paragrafo con l'hashtag #idiaridelparaculo.

Ma non è tutto. Nello stesso post l'autore di 'Gomorra' lancia anche un messaggio ai suoi detrattori, "pronti a vomitare bile" per l'ennesima polemica sulla scorta. "Quando nel 2011 andai in America - spiega -, in Italia al governo c'era Berlusconi con la Lega, e gli attacchi che ricevevo quotidianamente dall'uno e dall'altra attraverso ogni mezzo (dai quotidiani ai telegiornali) mi portarono a lasciare l'Italia per l'unico Paese che poteva accogliermi in una situazione di relativa libertà, senza obbligarmi a una scorta più numerosa di quella che avevo (e ho) in Italia e dove avevo trovato lavoro...".

"Sappiate - continua lo scrittore - che oggi come allora non considero la scorta una medaglia al valore, ma un dispositivo che lo Stato decide di attivare per la sicurezza di alcuni soggetti sensibili. La decisione avviene dopo attente valutazioni e non spetta al soggetto sotto protezione, né ai leoni da tastiera, fare valutazioni sulla scorta".

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