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"Nel San Juan frantumati dal peso del mare"

23 novembre 2017 | 17.06
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Non è solo la morte per asfissia a minacciare i 44 membri dell'equipaggio del sottomarino argentino ARA San Juan scomparso il 15 novembre scorso nel mare della Patagonia. I rischi per la salute a 200 metri sotto il mare su un mezzo in avaria, sono tantissimi. Se come sembra prima dell'ultimo contatto, a bordo del San Juan, c'è stata una esplosione, la pressione all'interno sarebbe improvvisamente aumentata tanto da uccidere. I marinai "a 21 atmosfere di profondità, avrebbero avuto un impatto con l'acqua pari al peso di un tir precipitato in testa. Un scontro tanto violento che non gli avrebbe dato il tempo di rendersi conto di cosa accadeva", spiega all'AdnKronos Luca Revelli, chirurgo e direttore del Master di Medicina del mare dell’Università Cattolica-Policlinico A. Gemelli di Roma.

Lo scenario tracciato dall'esperto non dà scampo ai sommergibilisti: "Bassissime le possibilità di sopravvivenza nelle condizioni che conosciamo". Altra ipotesi che è stata fatta è quella dell'avaria elettrica che impedisce contatti con la terra ferma ma che allo stesso tempo tiene gli uomini al buoi e al freddo. "In questo caso, e non solo, la minaccia maggiore arriva dall'ipotermia - osserva Revelli - che può essere acuta o cronica. Se ci fosse stato un allagamento e i marinai fossero venuti a contatto con l'acqua gelida è chiaro che non avrebbero potuto resistere che poche ore. Plausibile anche la morte per annegamento o asfissia per l'esaurimento delle riserve di ossigeno".

Insomma a meno di un miracolo sarà difficile trovare qualcuno in vita e neppure i corpi saranno trovati integri. "L'effetto schiacciamento della pressione - conclude il medico - può averli frantumati".

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