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Fumetti

Claudio Villa e la sfida di quelle 669 copertine di Tex

08 aprile 2016 | 15.19
LETTURA: 6 minuti

(Fotogramma)
(Fotogramma)

"So di poter ancora trovare nuove stanze dove sono nascosti altri particolari in modo da rifinirlo ancora meglio". Claudio Villa è il copertinista di Tex dal 1994 e ora sta disegnando la sua copertina numero 669. "Il disegno sei tu - dice il fumettista, autore del manifesto di Cartoons on the Bay 2016, il festival dell'animazione televisiva e cross-mediale di Rai Com in corso a Venezia fino a sabato 9 aprile - Se tu cambi, se la tua cultura cambia, i tuoi difetti magari si accentuano, cambia anche il tuo modo di disegnare. Ed è un buon segno, perché altrimenti vuol dire che ti sei fermato".

"In questi anni ho conosciuto meglio Tex. Prima lo disegnavo più accigliato e incazzoso mentre poi ho scoperto che è uno che vive sopra le righe, che non si fa mai coinvolgere troppo, ha un lato molto ironico - sottolinea il fumettista che, subito dopo il liceo artistico è entrato a far parte dello studio di Franco Bignotti, una delle colonne della Sergio Bonelli Editore - Conoscendolo meglio, anche dal punto di vista fisico, ho perfezionato il ritratto. Prima lo disegnavo con un nasone importante e la fronte alta, era più rigido, aveva il mento piccolo. Ora è più proporzionato".

Ma come nasce una copertina e come è possibile non ripetersi mai? "Quando Sergio Bonelli era ancora vivo era lui che, dopo aver letto tutto l'albo, sceglieva un'immagine tra quelle della storia e me la passava - racconta Villa - Da lì io partivo ed elaboravo. Da quando non c'è più lui questo lavoro tocca a me. Ma dopo tante copertine la vera difficoltà sta nel trovare un'immagine davvero nuova visto che i cliché di un cowboy, un ranger come Tex sono quelle di subire un agguato, di sostenere una sparatoria, di essere a cavallo o a piedi con un winchester in mano. Ma vanno articolati in un modo che sembrino ogni volta qualcosa di nuovo. Ed è questa la cosa più ardua del copertinista.

Tex è stato creato nel 1948 da Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini e ancora oggi gli appassionati di questa serie a fumetti organizzano dei raduni. “Penso che il suo successo dipenda dai valori che esprime, valori che sono dentro di noi e che i lettori ritrovano tra le pagine del fumetto dove riscopre la fedeltà, la fiducia, il senso di giustizia. E poi c'è un senso di avventura, un classico, conosciuto ormai da tutti. Anche da chi non ha mai letto Tex”, sottolinea Villa secondo il quale questo ranger “non è nato per dare messaggi. E’ comunque un personaggio impulsivo, lui sa leggere nel cuore degli uomini e anche se un uomo indossa una divisa ma è malvagio, lo riconosce. E magari non rispetta quella divisa, cosa che invece per noi è fondamentale”.

In Tex la componente femminile è poco presente. “Perché secondo Gian Luigi la donna nelle avventure di Tex o è cattiva o altrimenti rischia di frenare l'azione – spiega il fumettista - Nel mondo dell'avventura gli uomini sono sempre più pronti a saltare su un cavallo, a sparare, a scatenare risse. Mentre le donne in generale sono più prudenti, rischiando di rallentare l’azione nel fumetto. Invece la donna cattiva fa da stimolo. E in effetti Tex ha avuto molte donne cattive, che sono state protagoniste di alcuni albi. Perché in quanto cattive erano ancora più affascinanti e rappresentavano l'altra metà di quel cielo bellissimo che è la donna”.

Nel 1985 uscì ‘Tex e il signore degli abissi’ di Duccio Tessari con Giuliano Gemma. “Ma sarebbe bello che ci fosse un altro bel film fatto nel rispetto del personaggio come sanno fare gli americani con i protagonisti dei loro fumetti che sono diventati negli ultimi tempi di grande ispirazione per il cinema Usa – dice Villa - La speranza nel mio cuore è sempre alta”. Che aggiunge: “Il protagonista dovrebbe proprio essere americano perché gli occhi degli italiani sono troppo grandi. Devono essere sottili, per dare l’idea di una persona che sta tutto il giorno sotto il sole dell'Arizona”.

Dopo aver sottolineato che la sua storia preferita di Tex “è sempre la prossima, quella di cui devo ancora creare la copertina perché noi siamo sempre a caccia di sogni da acchiappare e mettere sulla carta”, ammette che “dopo tanti anni che fai fumetti ti rendi conto che la fonte di ispirazione arriva dalle emozioni, dalle immagini, dai colori, dalle situazioni che ti danno quella emotività che si incanala nella mano che dà ordini alla matita e che sul foglio diventa un personaggio in grado di suscitare l’emozione nel lettore e fare in modo di mettere in moto questo contatto a distanza tra chi sta dalla parte della tavola disegnata e chi sta dall'altra parte che, guardandola, si deve sentire complice, coinvolto”.

Ma Claudio Villa non è solo Tex. Perché nella sua carriera ci sono anche Martyn Mystere, Nick Raider e Dylan Dog di cui “sono lo zio”. Perché dell’indagatore dell’incubo non ha creato solo le prime 41 copertine, ne ha studiato l’immagine. “Non sapevo fosse inglese, quindi all'inizio avevo proposto un personaggio con il nasone grosso, con una geografia sbagliata. Il suo viso doveva essere allungato”, ricorda. “In più – continua - doveva essere esile ma anche determinato, visto che aveva a che fare con questo mondo non tranquillizzante. È stato Tiziano Sclavi (creatore della serie, ndr) a dire, dopo aver visto i miei primi schizzi, che doveva assomigliare a Rupert Everett”.

“In quegli anni, prima metà degli anni Ottanta, era un attore poco conosciuto in Italia. Così io mi sono armato di taccuino, sono andato in un cinema d'essai dove davano 'Another Country' in cui lui era un collegiale omosessuale e nel buio di quella stanza sono nati i primi schizzi di Dylan Dog. Sclavi mi aveva comunque detto di non farlo così delicato come lo si vede nel film. Così l’ho reso più emaciato e scavato, con dei caratteri più accentuati”.

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