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Con gli U2 l'Olimpico si tuffa negli annali del rock

15 luglio 2017 | 21.59
LETTURA: 4 minuti

Gli U2 sul palco del The Joshua Tree Tour (foto di Danny North)
Gli U2 sul palco del The Joshua Tree Tour (foto di Danny North)

di Antonella Nesi

Niente nostalgia, piuttosto la celebrazione riuscita di una pagina importante della storia del rock, grazie ad una confezione che ne esalta l’attualità e traghetta il pubblico verso il futuro. Con l’arrivo di ‘The Joshua Tree Tour’ a Roma, lo Stadio Olimpico, gremito di circa 60.000 fan degli U2 di almeno tre generazioni differenti (altrettanti ne arriveranno per la seconda data), si tuffa negli annali del rock, riscaldato da una support band d’eccezione, i Noel Gallagher’s High Flying Birds, che aprono i concerti romani, come il resto delle date europee.

D’altronde proprio ‘The Joshua Tree’ (il quinto album di Bono Vox & Co. uscito nel 1987 ed anche quello che ha venduto di più) è stato il disco con cui la band di Dublino ha messo radici nella storia della musica. E dedicargli un tour, in occasione del trentennale, senza cadere nell’effetto nostalgia non era facile. "Non sapevamo se sarebbe stato possibile tirar fuori un tour che onorasse 'The Joshua Tree' senza essere nostalgici. Poi ci siamo detti che il modo migliore era tornare dove avevamo iniziato, quando ci si concentrava sulla musica e non c'erano i maxi schermi", ha spiegato Bono nelle interviste rilasciate ad inizio tour.

E gli U2 ci riescono grazie ad una scaletta divisa in tre parti con un concept ben preciso: l’inizio dedicato ai brani che furono propedeutici alla ricerca e alla sperimentazione culminate in ‘The Joshua Tree’ (‘Sunday Bloody Sunday’ e ‘New Year’s Day’ dall’album ‘War’ del 1983, ‘Bad’ e ‘Pride’ da ‘The Unforgettable Fire’ del 1984), la parte centrale con la riesecuzione completa degli 11 brani dell’album di 30 anni fa (da ‘Where the Streets Have No Name’ a ‘With or Without You’, da ‘In God’s Country’ a ‘Mothers of the Disappeared’), la terza parte che traghetta nel nuovo millennio passando da incursioni negli anni ’90 (con brani come “Ultraviolet” e “One”) agli anni 2000 (con “Beautiful day”, “Elevation” e “Vertigo”).

Un concept straordinariamente interpretato nei visual dal lavoro del regista Anton Corbjin, che rende tangibile e credibile il trasferimento di ‘The Joshua Tree’ dal 1987 al 2017: le immagini dell’albero di Giosuè, tipico del sud ovest degli Usa, che dà il titolo all’album, ma anche del deserto e degli immensi orizzonti americani, campeggiano sull’enorme e unico schermo-muro che fa da sfondo al palco e illustrano quelle canzoni nate per mettere in discussione la mitologia americana, criticandone certa politica, evidenziando lo smarrimento e il vuoto spirituale e pure esaltandone il fascino e la libertà.

Un impianto scenico che invita all’ascolto della musica e dei testi e a sollevare lo sguardo dagli smartphone, per stessa ammissione di Bono. E infatti Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. appaiono all’inizio del concerto e per diverse canzoni solo come quattro ‘puntini’ sullo sfondo di queste immagini grandiose. Per poi esplodere sul maxischermo Hd 8K sulle note di ‘Bullet the Blue Sky’, quarto brano della parte centrale del concerto.

Gli U2 'mettono la faccia' proprio su uno dei testi più politici di quell'album, quello in cui si stigmatizzava la politica estera degli Usa di Ronald Reagan e che suona decisamente attuale anche riferita all’amministrazione Trump e al suo muro da innalzare al confine con il Messico.

L’effetto dello show sul pubblico è potente: lo Stadio Olimpico della capitale, con fan arrivati da ogni angolo della penisola, canta e balla e a tratti si ammutolisce dall’emozione. Per la Band è la conferma di quanto ammesso poco prima di salire sul palco romano: "Il pubblico italiano fa la differenza". E gli U2 se ne accorgono quando sulle note di "With or without you" l'intero stadio si unisce in una coreografia studiata dal fan club per disegnare sugli spalti dell'Olimpico il numero 30 e la sagoma del Joshua Tree.

Gli U2 mostrano tutta la loro forza espressiva anche a 30 anni di distanza. Ironia della sorte, il primo dei due concerti di Roma (uniche tappe italiane del tour) è anche il 30esimo concerto in Italia degli U2. E se per il pubblico più maturo un po’ di effetto ‘revival’ è inevitabile, per i più giovani è una lezione live di storia del rock che non dimenticheranno.

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