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Fare domande sul posto di lavoro? E' sconsigliato: ecco perché

Fare domande sul posto di lavoro? E' sconsigliato: ecco perché
18 luglio 2016 | 10.27
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Meditare a fondo sui problemi e porre domande scomode sul posto di lavoro è sconsigliato. E' quanto emerge 'The stupidity paradox', il nuovo libro di André Spicer, docente di Comportamento organizzativo presso la Cass Business school, e Mats Alvesson, docente di Amministrazione aziendale presso l'università di Lund. Spicer esplora il paradosso della stupidità funzionale in azienda e spiega perché certe organizzazioni accettano atteggiamenti dubbi, assurdi e del tutto idioti che spaziano dalle mode passeggere di management al culto della leadership fino all'eccessivo affidamento su marchio e immagine.

La stupidità funzionale può essere catastrofica. Può provocare il collasso organizzativo, il tracollo finanziario e il disastro tecnico. E tuttavia un dose di stupidità può essere utile e produrre buoni risultati a breve termine: può infatti favorire l'armonia, incoraggiare le persone a proseguire il lavoro e portare al successo.

"Quando i membri di un'azienda -sostiene Spicer- non pongono troppe domande, le persone tendono ad andare maggiormente d'accordo e il lavoro a essere svolto in modo più efficiente. Anche i dipendenti beneficiano di una scalata facilitata verso la cima dell'albero della cuccagna".

'The stupidity paradox' esplora ciò che rende irrazionale un posto di lavoro, perché essere stupidi può essere positivo nel breve termine ma un disastro nel lungo, e come ridurre la stupidità in azienda mettendo in discussione la conformità acritica. Il libro mostra come armonia e azione sul posto di lavoro possano essere bilanciate con una cultura basata sulla curiosità e la messa in discussione.

Le investigazioni sul paradosso della stupidità di Spicer e Alvesson hanno rivelato molti esempi di decisioni di buon senso ignorate. Ecco qualche esempio: dirigenti più interessati a presentazioni di power point d'effetto che all'analisi sistematica; aziende che hanno condotto iniziative di sviluppo di leadership degne di una comunità new age; aziende tecnologiche più interessate a mantenere un tono positivo che ad affrontare i veri problemi; scuole più concentrate sullo sviluppo di strategie sbalorditive che sull'istruzione degli studenti.

E ancora: dirigenti di marketing ossessionati dal branding quando l'unica cosa importante era il prezzo; società che hanno sperperato milioni in 'esercizi di cambiamento' non riusciti e continuando in seguito a fare esattamente le stesse cose; ufficiali anziani della difesa più interessati a condurre operazioni di rebranding che operazioni militari.

Il libro rappresenta un campanello di allarme per le organizzazioni intelligenti e le persone ancora più intelligenti, esso incoraggia ad utilizzare completamente l’intelligenza per la soddisfazione personale, il successo organizzativo e la prosperità della società nel suo insieme.

"Abbiamo iniziato chiedendoci -afferma Spicer- perché aziende importanti con persone talentuose e intelligenti potevano fare cose così stupide. Abbiamo scoperto che tali organizzazioni spesso assumono persone intelligenti e poi le incoraggiano a non utilizzare la propria intelligenza".

"Le persone intelligenti -sostiene- si pongono istintivamente delle domande e pensano in maniera autonoma. Ma ciò veniva scoraggiato in maniere sottili e meno sottili. I dipendenti si sentivano rivolgere frasi del tipo 'non pensarci, fallo e basta' e 'non portarci dei problemi, ma solo soluzioni'. I lavoratori intelligenti imparavano in fretta a non porsi troppe domande o pensare troppo dato che utilizzare completamente la propria intelligenza avrebbe suscitato domande imbarazzanti che avrebbero potuto infastidire superiori e colleghi. La linea d'azione più semplice spesso era continuare a lavorare".

"Abbiamo osservato molti processi -fa notare- che sbalordiscono i dipendenti come per esempio il fatto che molti leader incoraggino i propri subordinati a non pensare troppo. Altri esempi includono politiche e processi seguiti pedissequamente, operazioni aziendali di facciata che hanno più a che fare con il simbolico che con la sostanza, aziende che imitano in maniera acritica altre aziende e culture aziendali che intrappolano i dipendenti in camicie di forza mentali".

Generalmente parlando, ammette, "è normale pensare che la stupidità sul lavoro sia un problema, ma siamo rimasti sorpresi di scoprire che talvolta può essere utile (di qui il paradosso del titolo) almeno nel breve termine".

Tuttavia, avverte, "questo tipo di stupidità sul posto di lavoro può creare problemi nel lungo termine, per esempio, quando le persone ignorano i problemi". "In alcuni casi ciò non ha avuto importanza, specialmente se l'organizzazione in questione era abbastanza grande da non far rilevare il problema o nasconderlo. Ma quando i problemi si accumulavano ne conseguiva il disastro", aggiunge. "Questo -assicura- è quello che è successo nel settore bancario immediatamente prima della crisi finanziaria. Lo stesso è successo a Nokia quando non è riuscita a stare al passo con l'iPhone Apple". "Esistono anche esempi in molti pubblici servizi -rimarca- che continuano ad aggiungere inutili politiche e procedure invece di fornire effettivamente i servizi al pubblico".

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