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Fotografia: negli scatti di Mustafa Sabbagh, l'agender della moda

Nelle opere del fotografo italo-palestinese è spesso difficile capire il confine tra femminile e maschile, un'ambiguità che negli anni è diventata una delle sue cifre stilistiche, sorta di contro-canone estetico nel quale il fotografo attua un'assoluta sovversione dei codici di abito e di genere

Il fotografo Mustafa Sabbagh
Il fotografo Mustafa Sabbagh
09 aprile 2015 | 20.07
LETTURA: 5 minuti

"La moda è uno specchio della società, ma anche un modo di pensare, di liberarsi. In certi momenti storici ha dato la possibilità alla donna di emanciparsi e svincolarsi da certi dogmi, ha fatto dimenticare agli uomini il concetto di machismo. Oggi si parla molto di confusione di genere, ma direi invece che la somiglianza o l'avvicinamento tra i generi sia un atto molto interessante che la moda ha messo in atto". Parla così il fotografo Mustafa Sabbagh, all'Adnkronos, in occasione della premiazione di 'Photography Masterclass', progetto che lo scorso marzo l'ha visto protagonista assieme agli studenti delle scuole professionali di tutta Italia.

Artista italo-palestinese, Mustafa Sabbagh è un vero talento dietro la macchina fotografica. Assistente di Richard Avendon a Londra, grazie al quale si è formato come fotografo, ha collaborato negli anni con grandi nomi della fotografia e della moda, dal Central Saint Martins College of Art and Design, alle prestigiose testate di moda, pubblicando shooting pubblicitari su vere istituzioni del fashion come Vogue, The Face e Sport&Street.

Negli scatti di Sabbagh è spesso difficile capire il confine tra femminile e maschile, un'ambiguità che negli anni è diventata una delle sue cifre stilistiche, sorta di contro-canone estetico nel quale il fotografo attua un'assoluta sovversione dei codici di abito e di genere, stilemi trasposti con naturalezza sulla carta patinata. Non a caso il fenomeno dell'agender, ossia il rifiuto dei tradizionali concetti di identità maschile e femminile, si sta imponendo da tempo nel mondo della moda, abbattendo i confini tra uomo e donna.

Un futuro con un guardaroba unico non è fantascienza ma una realtà esplosa sulle passerelle internazionali: da Gucci a Prada, passando per Comme des Garçons e Jean Paul Gaultier, da qualche stagione l'interscambiabilità di ruoli è diventata un vero trend: "Lavoro da anni con il fenomeno dell'agender, credo che prima di tutto venga l'individuo, e l'individuo non ha sesso - afferma il fotografo - Il sesso è l'ultima cosa che conta in un individuo, bisogna passare attraverso mille altri aspetti, come la chimica, il cervello, la personalità, prima di etichettare. Io sono un esteta, se questo è un difetto, allora sono pieno di difetti".

Oltre la moda, la pelle. Fil rouge dell'arte di Sabbagh è proprio l'epidermide, ma anche le vene: "La pelle, l'ho sempre detto, è il nostro diario - rivendica Sabbagh - Le nostre sofferenze, il tempo, viene tutto scritto sulla nostra pelle. Amo qualunque tipo di segno che rimanga, sia temporaneo che permanente, anche una scottatura o una cicatrice di un incidente perché la pelle registra tutto, come un diario. Io sono un feticista della pelle perché la pelle porta i nostri codici, quindi sotto la pelle si vedono le vene, il sangue, è la vita che scorre, e per me è importante questo, questa è vita, non un feticismo erotico".

Sabbagh dipinge spesso di nero la pelle come sfida tecnica e personale, usando la fotografia come un vero e proprio linguaggio per comunicare con il mondo: "Ognuno di noi usa una lingua e la mia vera lingua credo che sia la fotografia, riesco più a esprimermi attraverso la sintesi dello scatto che con le parole - confida il fotografo - mi interessa il fatto che la fotografia sia uno strumento democratico, tutti possono fare fotografia, ci vuole però talento e preparazione, e soprattutto la cultura, che è il cibo migliore per la fotografia".

Sovvertire i canoni estetici della moda sembra essere la missione di Sabbagh, facendo sempre attenzione, però, a mantenere un equilibrio tra estetica ed etica: "Per me la bellezza non è canonica ma consiste nell'arte di stare in bilico - afferma Sabbagh - La bellezza è il funambolo che cammina sul filo nel romanzo di Jean Genet, sono i 'Ragazzi di vita' di Pasolini, non esiste un termine di perfezione della bellezza, la perfezione è la più grande falsità che ci vogliono vendere in questa società".

"Partendo dal presupposto che la perfezione non esista – continua il fotografo - io accetto qualunque tipo di bellezza, quindi i difetti, e i difetti sottolineano la nostra diversità, la nostra personalità. La bellezza si sente con lo stomaco e poi si guarda con gli occhi, se la moda è intesa come clonazione, allora non voglio farne parte, se invece moda vuol dire dare uno strumento in più alla personalità allora sì, ben venga la moda come strumento culturale, purché rimanga questo, un grande strumento culturale".

Molti i progetti futuri che lo vedranno coinvolto nei prossimi mesi: "Sto realizzando 27 scatti per la collezione permanente del Maxxi, credo di finire per maggio, in più ci sarà una personale in una galleria importante di Roma che ora non svelo per scaramanzia, e poi mostre all'estero in diversi musei" conclude Sabbagh.

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