Per lo storico, docente della Bocconi, sono forme di protesta collettiva, di un malessere generale che Cgil e Fiom hanno raccolto ingaggiando braccio di ferro con il governo.
Lo sciopero "non è un'arma efficace" ma le manifestazioni di oggi "sono espressione di un disagio sociale dopo 6 anni di crisi, che Cgil e Fiom hanno deciso di raccogliere". E' quanto sottolinea all'Adnkronos Giuseppe Berta, professore di Storia contemporanea alla Bocconi.
"Quelli di oggi non sono scioperi come quelli del passato, di lavoratori per specifiche richieste, ma sono scioperi di cassintegrati, disoccupati, precari", osserva Berta. I cortei dunque "assumono forme di protesta collettiva, sono indicatori di un malessere generalizzato volto ad ottenere un risultato in termini di politica economica", osserva lo storico, sottolineando che tuttavia cambi di rotta su questo fronte sono condizionati dalla politica europea e "dunque non sono immaginabili, visto che l'Italia in Europa è un vaso di coccio tra vasi di acciaio".
Quanto al Jobs Act, rileva, "i contenuti non sono tali da mobilitare una protesta, dunque io interpreto questi scioperi come un fenomeno di crescente malessere, che Cgil ha raccolto ingaggiando un braccio di ferro con il governo che travalica il ruolo del sindacato".
