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Petrolio: Descalzi, prezzi bassi in 2015 tra 55-60 dlr, verso 70 dlr in 2016

28 gennaio 2015 | 17.19
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A livello mondiale, sostiene l'ad di Eni, c'è un eccesso di domanda di 1-1,5 milioni di barili al giorno. Con la decisione dell'Opec di non tagliare la produzione è mancato il regolatore. Su prezzo greggio pesano anche le speculazioni.

Claudio Descalzi (ad di Eni)
Claudio Descalzi (ad di Eni)

"Il prezzo del petrolio dovrebbe restare ancora basso, intorno ai 55-60 dollari al barile quest'anno. Si dovrebbe registrare un aumento già nel secondo semestre dell'anno. Dovremmo essere vicino ai 70 dollari nel 2016 e tra quattro anni intorno ai 85-90 dollari". Ad affermarlo, nel corso della sua audizione in Commissione Industria della Camera, è l'ad di Eni, Claudio Descalzi.

L'eccesso di domanda a livello mondiale, rileva, "attualmente si attesta in un range di 1-1,5 milioni di barili" per una domanda complessiva che si aggira "sui 92 milioni di barili al giorno". L'attuale andamento del prezzo del petrolio "n on è solo strutturale", perché altrimenti il prezzo si aggirerebbe intorno ai 75-80 dollari, ma anche "speculativo".

Sull'attuale andamento del prezzo del petrolio, infatti, pesano l'Opec e i mercati petroliferi. "A novembre -ricorda l'ad di Eni- l'Opec non è intervenuta per regolare il mercato, per tagliare la produzione. In un certo senso è mancato il regolatore, la banca centrale del petrolio". Con la decisione dell'Opec "sono aumentate le oscillazioni".

Gli investitori, rileva Descalzi, "non hanno più scommesso sul lungo ma sul corto. Sono iniziate le speculazioni e siamo scesi sotto i 50 dollari al barile". E' successo, spiega, "qualcosa di non fisico. L'olio su carta vale come mercato 15-20 volte l'olio fisico. I movimenti finanziari legati alle commodities hanno un ruolo importante. Il prezzo normale sarebbe stato intorno ai 75-80 dollari".

Da una parte, quindi, osserva Descalzi, "c'è un'industria fisica, che rischia sullo sviluppo, che crea occupazione" e dall'altra "ci sono oscillazioni legate ai mercati finanziari da parte di soggetti che non fanno investimenti, non creano tecnologia e non creano occupazione".

Comunque l'ad di Eni si dice convinto che l'Opec tornerà ad avere un ruolo decisivo anche perché "i paesi membri possiedono il 40% della produzione e l'80% delle riserve". L'Opec, infatti, "sta dando dei segnali", ad esempio dichiarando "abbiamo raggiunto la bottom line" e che "fino a giugno non si fa nulla" e lasciando quindi pensare che ci potrebbe essere una decisione nel secondo semestre. "Ovviamente può non volere dire niente ma questa dichiarazione dell'Opec è stata vista positivamente ai mercati".

E' probabile quindi che l'organizzazione torni a recitare un ruolo da protagonista anche grazie alla spinta di alcuni paesi emergenti membri dell'Opec. "L'organizzazione -spiega Descalzi- non è fatta solo da ricchi produttori ma anche da paesi emergenti che basano i loro budget, la loro crescita, il loro sviluppo, le loro infrastrutture sulla propria produzione di petrolio. Secondo la mia ipotesi questo stato di fatto aiuterà a spingere l'Opec a prendere una decisione".

Tuttavia, rileva, "se gli Usa avranno una capacità di aumentare di oltre 1 milione di barili al giorno la propria produzione per 10-15 anni saremmo di fronte ad un cambiamento strutturale. L'Opec non potrebbe più recitare il ruolo che giocava finora. Ma non credo".

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