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Lavoro, giovani sfiduciati ma per 1 su 2 resta scopo della vita

08 ottobre 2016 | 11.36
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Foto di repertorio (Fotogramma)
Foto di repertorio (Fotogramma)

Informati e critici, sfiduciati, ma pronti a reinventarsi perché il lavoro resta lo scopo della propria vita. E la famiglia resta ancora il punto saldo di riferimento. Sono queste le caratteristiche principali del profilo emerso dall’indagine della Fondazione Paoletti riconosciuta dal Miur, dal titolo 'I giovani e il lavoro, prospettive e ricerca di senso', condotta su un campione di mille ragazzi italiani tra i 18 e i 34 anni.

Sfiduciati dunque sopratutto dalle istituzioni: l’86% dei giovani classe 98-82 si dicono “per niente” o “poco soddisfatto” di come queste rispondono sulla questione dell’occupazione giovanile. In particolare, le donne tra i 18 e i 26 anni mostrano maggiore sfiducia, con una tendenza a non evidenziare cambiamenti effettivi derivati dalla governance politica.

Il lavoro comunque, si legge ancora nel Report, non è percepito esclusivamente come un mezzo per mantenersi, ma per molti giovani è l’espressione dello scopo della propria vita. Il 45,7% di loro, infatti, considera il lavoro “un modo per esprimere le proprie capacità”, una percentuale di poco inferiore (33,9%) lo vede come “una scelta che si collega al senso e allo scopo della mia vita”, mentre la minoranza (9,7%) considera “non importante dare un senso al proprio lavoro”.

Ed è la necessità di partire da sé, attingendo al proprio mondo interno e ai propri valori, a sostenere i giovani intervistati alle prese con le sfide dei tempi attuali. Per essi, infatti, realizzarsi professionalmente significa sentirsi coerenti con le proprie aspirazioni e i propri valori (28,5%) e cercare di formarsi e lottare per un lavoro che piace veramente senza comunque rinunciare alla progettualità futura (27,2%). I più, inoltre, sono pronti a rispondere alla precarietà con adattabilità e processi di reinvenzione di se stessi, mettendo in campo specifiche competenze.

Riguardo ai fattori che consentono di realizzarsi professionalmente, infatti, il 31% sceglie “essere orgogliosi dei propri successi e considerare gli insuccessi come tappe per crescere e migliorarsi”, il 23,9% “tenersi pronti sia a nuove opportunità che a nuovi ostacoli” e il 20,6% “sviluppare nuove competenze professionali e tenersi aggiornati”.

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