Dopo anni di crisi, il Sud sta dando segnali di vitalità e ripresa. Nel 2015 sono infatti cresciuti nel Mezzogiorno Pil (+1%) e occupati (+1,6% pari a 94 mila unità) e nel 2016 è salita finalmente anche l’occupazione giovanile che registra un +3,9% rispetto a una media nazionale del +2,8%. Ma nonostante ciò, al Sud ci sono "ancora emergenze" e 10 cittadini su 100 versano in povertà assoluta. Sul meridione, inoltre, incombe anche "il rischio desertificazione" per l'esodo continuo di popolazione, specie di giovani in età produttiva e di talenti. Negli ultimi venti anni, infatti, il Sud ha perso 1,113 milioni di unità, la maggior parte dei quali concentrati nelle fasce d'età produttiva tra 25-29 anni e 30-34.
E' un quadro in chiaro scuro quello che emerge dal Rapporto 2016 di Svimez sull'economia nel Mezzogiorno, presentato oggi a Roma. "Dopo sette anni di crisi ininterrotta, l’economia delle regioni meridionali ha iniziato la ripresa", sebbene in ritardo non solo rispetto al resto dell’Europa ma anche al resto del Paese: dal 2007, rilevano gli analisti di Svimez, il Pil in quest'area è calato del -12,3%, quasi il doppio della flessione registrata nel Centro-Nord (-7,1%).
Il Sud "sta tornando vitale" ma la sua economia va "nutrita con la continuità" degli investimenti e dei programmi, avverte il presidente di Svimez, Adriano Gannola. I dati dell'economia del Mezzogiorno "sono positivi oltre le aspettative per il 2015, ma problematici per il 2016 perché -sottolinea- legati alla continuità degli investimenti ". "Il segnale di ripresa del Sud c'è, soprattutto c'è un segnale di vitalità", ma tutto ciò va "nutrito ed il cibo per alimentarlo -indica- è fatto di investimenti e continuità di programmi". E "non ci sono scorciatoie" taglia corto Giannola.
"I risultati, nel complesso positivi, del mercato del lavoro meridionale, che si riflettono in un aumento dell’occupazione e un calo della disoccupazione, non debbono però far perdere di vista le criticità, in quanto i livelli occupazionali al Sud sono ancora troppo distanti da quelli precedenti alla crisi" segnalano gli analisti dell'associazione per lo sviluppo dell'industria nel Sud nel report. L’unica regione del Sud vicina ai valori del 2008, sottolineano, è la Basilicata. A fare da volano per l'aumento dei posti di lavoro al Sud sono in particolare l’agricoltura (+5,5%) e il terziario (+1,8%), grazie soprattutto al turismo.
Nell’industria in senso stretto vi è nel 2015 ancora un calo degli occupati al Sud -1,6%, che, però, nei primi mesi del 2016 inverte il segno: +3,9%, mentre prosegue la caduta degli occupati nelle costruzioni all’inizio dell’anno in corso, -4%. Se salgono gli occupati, perdono però peso le occupazioni più qualificate, cresce piuttosto il lavoro part-time in professioni meno qualificate. Nel 2015 l’incremento del tempo pieno è più forte al Sud (+1,3%, a fronte del +0,4% del resto del Paese) favorito dalla riforma del job acts e dalla decontribuzione piena sulle nuove assunzioni. Non a caso aumenta, invece, al Centro-Nord e cala al Sud all’inizio del 2016, quando la decontribuzione scende dal 100% al 40%.
La povertà e le disuguaglianze sociali sono ancora un'ombra sulla crescita del Sud. Nel 2015, infatti, 10 meridionali su 100 risultano in condizioni di povertà assoluta, contro poco più di 6 nel Centro-Nord. Il rischio di cadere in povertà è triplo al Sud rispetto al resto del Paese, nelle due regioni più grandi, Sicilia e Campania, sfiora il 40%, avvertono gli analisti.