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Territorio: giù Alimuri, ma restano in piedi 4 super-ecomostri

01 dicembre 2014 | 18.02
LETTURA: 3 minuti

Dalla "collina del disonore" a Pizzo Sella al villaggio abusivo di Torre Mileto, storie di un'ordinaria inefficienza e di un territorio violato

Pizzo Sella, la 'collina del disonore'
Pizzo Sella, la 'collina del disonore'

Gli scheletri di Pizzo Sella a Palermo, il villaggio di Torre Mileto a Lesina in provincia di Foggia, lo scheletro dell’Aloha mare ad Acireale nel catanese, le 35 ville nell’area archeologica di Capo Colonna, a Crotone. Demolito il rudere dell'ex albergo di Alimuri a Vico Equense, restano in piedi altri quattro ecomostri, che da anni Legambiente chiede di abbattere.

Pizzo Sella, noto anche come “la collina del disonore”: un milione di metri quadrati di cemento illegale su un’area a vincolo idrogeologico alle spalle del mare di Mondello. Ben 170 ville costruite a partire dalla fine degli anni ’70 e quasi tutte non finite perché bloccate dalla confisca e dall’ordine di demolizione disposti nel 2000 dal pretore di Palermo.

Una lottizzazione abusiva in piena regola, aggravata dal fatto di essere stata realizzata grazie alle 314 concessioni edilizie rilasciate in “blocco” alla Sicilcalce intestata a Rosa Greco, sorella del boss di Cosa nostra Michele Greco. I carabinieri l’hanno definita “una colossale speculazione immobiliare, che nasconde un'imponente operazione di riciclaggio di Cosa nostra".

Un intero villaggio abusivo sull’istmo di Lesina, a Torre Mileto. Siamo in provincia di Foggia, dove a partire dagli anni ’70, è sorta una cittadella fatta da migliaia di villini appoggiati sulla striscia di sabbia. Case senza fondamenta, ma a pochi metri dal bagnasciuga, senza rete fognaria e senza allacci. Molte di quelle case stanno letteralmente marcendo e non hanno alcun valore di mercato, tanto che gli stessi eredi spesso non le ritengono un bene irrinunciabile.

Poi c'è lo scheletro dell’albergo incompiuto Aloha mare ad Acireale che domina la scarpata a picco sul mare a Santa Caterina all’interno della Riserva naturale della Timpa. Trascorsi un paio di anni dall’avvio dei lavori, il Comune bloccò il cantiere: in assenza dei permessi, quell’immobile era a tutti gli effetti abusivo. Da allora lo scheletro di cemento armato, a cui nel frattempo un finanziamento dell’assessorato regionale al Turismo permise di realizzare anche la strada di collegamento, giace lassù, apparentemente inespugnabile.

Infine, le 35 costruzioni abusive nell’area del parco archeologico di Capo Colonna, a Crotone, sotto sequestro dalla metà degli anni Novanta ma nonostante la confisca definitiva, l'amministrazione non si decide a buttarle giù.

Una vicenda giudiziaria che inizia nel 1995, quando il pretore dispose il sequestro di centinaia di metri cubi in cemento armato sorti su una delle aree archeologiche più vaste d’Europa nel silenzio degli amministratori locali. Il lungo iter giudiziario si è concluso, ma la vergogna di cemento, fatta di villette, condomini, scalinate a mare e cortili resta intatta.

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