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Il clima cambia la 'geografia' del vino

28 marzo 2018 | 13.42
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(Fotolia)
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Vegetazione precoce, date della vendemmia nettamente anticipate, produzioni in calo: il vigneto è il 'termometro' dei cambiamenti climatici e il mondo vitivinicolo si interroga su come affrontare scenari futuri in cui, a fronte di un aumento delle temperature superiore ai due gradi, la geografia del vino è destinata a cambiare spostandosi verso l'alto e verso nord.

Fallita l'ipotesi di contenere l'aumento della temperatura globale entro i due gradi al 2100, in un modello di 'business ad usual' il rischio è di andare verso i 5 gradi in più. La viticoltura mondiale potrebbe 'alzarsi' di circa 800 metri e spostarsi di 650 km di latitudine verso Nord. E ad essere a rischio non è solo la produzione ma anche la biodiversità.

"L'ultimo decennio è stato il più caldo degli ultimi 2000 anni e stiamo entrando in una fase di clima inedito. E anche la fascia climatica adatta al vigneto si sta spostando. Nel futuro diventeranno adatte alla coltura della vite aree che finora non lo erano: l'Europa centro orientale, la costa pacifica degli Usa e la Nuova Zelanda", spiega Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, in occasione dell'incontro "Vigneti sostenibili per climi insostenibili - Le risposte delle cantine cooperative europee ai cambiamenti climatici" organizzato dall’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari.

Cosa succede già oggi. In Italia, per fare un esempio, nel 2017 l'inverno mite e marzo e aprile caldi hanno portato le vigne a germogliare in anticipo, ma poi c'è stata la gelata seguita da un'estate siccitosa e, in alcuni zone, grandinate. Il risultato è stata una produzione di circa 40 milioni di ettolitri (-20% rispetto al 2016) con aumento dei prezzi, fino al 112% per alcuni bianchi.

Il calo della vendemmia ha riguardato anche altri Paesi vicini come Spagna (-15%) e Francia (-18% sul 2016). Per rimanere in Francia, qui le superfici delle vigne sono da passate, negli ultimi 30 anni, da 1 milione di ettari a 754mila (-25%). E il 2017 è stato un anno catastrofico tra gelate e siccità che, in alcune zone, si sono combinate come in Alsazia. Vendemmia in anticipo anche di tre settimane come nel caso della regione dello Champagne.

Dati che il settore non può ignorare. Per questo da qualche anno, le cooperative vitivinicole di Italia, Francia e Spagna (che rappresentano 320mila viticoltori e producono circa il 50% del vino europeo e il 25% di quello mondiale) si incontrano regolarmente per confrontarsi sul tema. Si cercano soluzioni e di punta a progetti di miglioramento genetico dei vitigni per renderli non solo più resistenti alle malattie ma anche ai cambiamenti climatici.

Dieci i vitigni ottenuti dall’Università di Udine in collaborazione con IGA e con i Vivai Cooperativi Rauscedo che sono stati iscritti nel Registro Nazionale delle varietà autorizzate alla coltivazione.

“Oggi – spiega Michele Morgante dell’Università di Udine - stiamo individuando i geni che aiutano le piante a meglio utilizzare l’acqua e i fertilizzanti e a proteggersi allo stesso tempo dagli agenti patogeni. Le nuove tecnologie di miglioramento genetico possono aiutarci a tradurre rapidamente questa conoscenza in nuove varietà che ci aiutino ad affrontare la grande sfida che ci attende del cambiamento climatico”.

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