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Morto Scalfari, Mieli: "Gli devo tutto"

"In questo momento è l’amico di una vita ed è raro un amico con cui si ha un debito così forte"

Morto Scalfari, Mieli:
14 luglio 2022 | 14.35
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"Scalfari, pur essendo di una generazione diversa, è stato un grande amico e gli devo tutto, perché fu lui che, quando avevo 18 anni, nel 1967, mi assunse all’Espresso. Poi ho lavorato all’Espresso e a Repubblica per altri 18 anni, quindi quando smisi di lavorare con lui e passai alla Stampa, calcolai che metà della vita l’avevo fatta con i miei genitori e metà con Scalfari. Inutile dire che è stato un giornalista che univa le doti di scrittura di Indro Montanelli, il più grande del secolo, e il talento di Luigi Albertini come organizzatore di un giornale che ha portato ad essere il primo d’Italia. Ma in questo momento è l’amico di una vita ed è raro un amico con cui si ha un debito così forte". Così all’AdnKronos l’ex direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli.

"Ci sono tanti ricordi personali – aggiunge Mieli - rammento il giorno in cui l’ho conosciuto, ne avevo grandissima soggezione, poi il giorno in cui l’ho lasciato per andare alla Stampa fu affettuoso, simpatico, ironico. Non l’ho mai visto meschino. Un giornalista di grandissima razza. E poi con lui ho tantissimi ricordi privati, serate trascorse insieme. Io avevo 25 anni meno di lui, però mi sono sentito come adottato da Scalfari". "A Scalfari si possono rimproverare le stesse cose che io posso rimproverare a me stesso – osserva Mieli -, di essere tendenzioso e cocciuto; tutte obiezioni che faccio a me stesso ogni giorno. Forse un eccesso di disincanto, ma ripeto, sono tutte cose che obietto a me stesso: grande disincanto, una punta di cinismo, però almeno in privato una grandissima capacità di riconoscere i propri errori, i propri torti".

"Lui – prosegue Mieli - non ha mai fatto la scena che molti facevano e molti fanno ancora oggi, di dire che c’è una linea retta che sta lì per tutta la loro vita. Scalfari riconosceva che al referendum fra Monarchia e Repubblica avevo votato per la Monarchia, che da giovane era stato fascista, e ne ha parlato con grande franchezza. Questo mi piaceva di lui, ne parlava con franchezza, mentre quando io ero ragazzo tutti nascondevano di essere stati fascisti da giovani. Scalfari lo raccontava in modo molto franco e spiritoso, aggiungendo sempre particolari buffi". "Scalfari – conclude Mieli - è stato pure un uomo che nella vita ha anche costruito un monumento di se stesso, però un monumento diventato grande grazie anche alla sua capacità di prendersi in giro".

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