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Cossiga, Cirino Pomicino: "Statista con visione premonitrice del futuro"

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16 agosto 2020 | 13.37
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"Oggi come oggi manca una figura come quella di Francesco Cossiga rispetto alla sua capacità di analisi e alla visione dei rapporti internazionali. La mia esperienza personale con lui è stata sempre di grande amicizia. Ricordo in particolare una sua telefonata, quando ero a Houston, nel 1985, operato di quadruplice bypass cardiaco. Ero in convalescenza in ospedale e mi chiamò, e ho sentito tutta la sua vicinanza in un momento difficile per me e per la politica, con la crisi di Sigonella in corso". Così Paolo Cirino Pomicino, storico esponente della Democrazia cristiana e ex ministro della Funzione Pubblica e del Bilancio tra il 1988 e il '92, traccia con l'Adnkronos un ritratto personale e politico di Francesco Cossiga a dieci anni dalla scomparsa.

"Sul piano politico - sottolinea Pomicino - Cossiga è stato uno statista, più uomo di governo che di partito, come Andreotti, entrambi non potevano mai essere candidati a fare il segretario di partito. Il loro profilo culturale e comportamentale apparteneva alla figura dello statista". "Tra i ricordi -continua Pomicino- quando ad esempio assunse la guida, nel 1997, di una iniziativa in un hotel con me e Gianni Fontana del gruppo di Udr...mettemmo insieme una serie di parlamentari. Nel '98 sulla crisi del governo Prodi aiutò la formazione del governo D'Alema, feci i documenti del nuovo partito, e in quella iniziativa ebbi uno scontro durissimo con Mastella".

"In quella occasione Cossiga mi venne a trovare a casa e mi confidò che aveva un problema: nel suo cervello c'era una continua lotta tra l'omino bianco che costruiva e l'omino nero che distruggeva, si trattava della vicenda Moro che lo aveva segnato in maniera definitiva. Fece di tutto per salvarlo, non ci riuscì e si dimise da ministro dell'Interno subito dopo ritrovamento del corpo di Aldo Moro", ricorda.

"Da Presidente della Repubblica ha avuto un rapporto positivo con il Parlamento - prosegue Pomicino - aveva rapporti intensi anche con i Papi e in particolare con Ratzinger. Era un cattolico e conosceva bene il ruolo che quella massoneria che aveva svolto in positivo un ruolo nella costruzione della Repubblica stava cavalcando l'onda del sovvertimento dell'assetto politico".

"Cossiga dietro comportamenti apparentemente folli aveva una visione premonitrice del futuro. Come quando lui prima di tutti, avvertì che con la caduta del Muro di Berlino sarebbe cambiato l'assetto del Paese. Ricordo che a ottobre del '92 a casa mia ci fu il cosiddetto 'caminetto democristiano' con Andreotti, Martinazzoli, Gava, De Mita e Forlani".

"In quella occasione -racconta Pomicino- avvertii che la Dc sei mesi dopo non sarebbe più esistita e suggerì di dover mettere alla guida del governo non Giuliano Amato ma Francesco Cossiga. Restai isolato, mi ritennero catastrofista, compreso Andreotti che però 20 anni dopo ricordando quella cena a casa mia mi disse 'se avessimo ascoltato te molte cose sarebbero andate diversamente'".

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