"Nei laboratori pratici le mani del cuoco per nutrire oltre la disfagia"
"Una malattia come la Sla”, Sclerosi laterale amiotrofica, “ha bisogno del punto di vista multidisciplinare, e anche per noi che ci occupiamo di cibo questo diventa un fattore determinante nel trasmettere un po' di serenità. Il cibo e la nutrizione non sono solo un computo calorico ma anche un aspetto emozionale molto importante”. Così Roberto Carcangiu, presidente del’Associazione professionale dei cuochi italiani (Apci) Chef e vicepresidente SLAfood, in occasione del primo convegno dedicato alla nutrizione nella presa in carico delle persone con Sla per intervenire concretamente sul decorso di malattia e migliorare la qualità di vita, che è in corso all’Università di di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cuneo), promosso dall’alleanza tra Centri Clinici Nemo, Aisla e SLAfood, sotto l’egida di Slow Food.
"In quelli che saranno i laboratori pratici non faremo altro che dare forma a quello che tutti gli specialisti ci stanno insegnando – prosegue Carcangiu – e le mani del cuoco serviranno a trasformare in realtà quello che fino a quel momento è stato un concetto e, questo, sempre per far stare bene le persone che soffrono di queste patologie”. Sull’amico “nel senso più bello, più pieno del termine, Davide Rafanelli”, presidente SLAfood con diagnosi di Sla, lo chef Carcangiu ricorda che l’avventura nata proprio perché ci siamo guardati in faccia e lui mi ha detto: ‘cosa e come possiamo fare perché tutto questo che mi sta succedendo non sia vano, non sia un qualche cosa che non serve a niente?’. Da lì è partito questo percorso che si chiama SLAfood, che è fatto da chef più o meno noti, ma tutti con l'intenzione di lavorare assolutamente gratis per questo progetto che deve far sì che, quando si ha la Sla e quando si è disfagici”, cioè si ha difficoltà di deglutizione “il nutrirsi Non sia più per sopravvivere, ma per 'vivere sopra', che è un concetto più alto".