Roma, sfratto rinviato per il Caffè Greco: esecuzione slitta dopo il 26 novembre

Il rinvio stamane, data fissata per lo sfratto dei gestori dello storico locale di via Condotti, da parte dell’ufficiale giudiziario. Il dipendente: "Assurdo come un’azienda sana e italiana sia ridotta in questo stato"

Presidio davanti al Caffè Greco a Roma - Adnkronos
Presidio davanti al Caffè Greco a Roma - Adnkronos
22 settembre 2025 | 12.36
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Da luogo di incontro e rifugio di artisti e intellettuali a locale svuotato e messo sotto chiave. Questa mattina l’Antico Caffè Greco di via dei Condotti si è presentato senza arredi, rimossi e messi in sicurezza, mentre l’ufficiale giudiziario, atteso per procedere allo sfratto, ha stabilito un nuovo rinvio. L’esecuzione slitta a dopo il 26 novembre, data dell’udienza fissata in tribunale.

È l’ennesimo capitolo di una vicenda che va avanti da anni: il contratto di locazione scaduto nel 2017, la battaglia legale tra i gestori e il proprietario ospedale Israelitico, fino alla sentenza della Cassazione del luglio 2024 che ha sancito il diritto della proprietà a rientrare in possesso del locale, con l’obbligo però di non snaturarne l’identità storica.

Davanti al caffè, però, parlano soprattutto i lavoratori: “Siamo molto ottimisti, per noi è una grande perdita, sia dal punto di vista lavorativo che culturale. È assurdo come un’azienda sana e italiana sia ridotta in questo stato, con dipendenti che ogni giorno portano il pane a casa. Il Caffè Greco è qui da 265 anni, e continuerà a rimanerci”, afferma all’Adnkronos Nicola, dipendente a tempo indeterminato. L’attività ha 30 dipendenti, tra fissi e interinali.

Anche il titolare, Carlo Pellegrini, che guida il locale insieme alla moglie Flavia, mantiene un tono ottimista: "Il nostro sentimento è positivo perché sono successi una serie di fatti fondamentali - ha dichiarato all’Adnkronos -. A dicembre del 2024 è stato emanato un decreto del governo che tutela le attività commerciali storiche. Per la prima volta si è detto chiaramente che un’attività commerciale può avere lo stesso valore culturale di un palazzo storico o di un dipinto di Caravaggio”.

La battaglia legale, che dura da 8 anni, non si ferma qui per il gestore dell’attività: “Noi spingeremo anche il ministero nella misura forse estrema, ma necessaria, ovvero dell’esproprio delle mura. Abbiamo già manifestato l’intenzione di voler coprire i costi del posto. Da subito vorremmo dare gli 800.000 euro l’anno, che per noi è un salto nel buio, ma di fronte a uno sfratto preferiamo prenderci questo rischio”.

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