La sentenza conferma la facoltà di escludere offerte con oltre il 50% di prodotti extra-UE senza accordi di reciprocità, un segnale forte per difendere occupazione, filiere strategiche e sovranità industriale
Con la sentenza n. 9575/2025, il Consiglio di Stato ha ribadito un principio chiave: le stazioni appaltanti possono respingere offerte che contengono più del 50% di prodotti provenienti da Paesi terzi privi di accordi di reciprocità con l’Unione Europea. La decisione, che si fonda sull’art. 170 del Codice dei contratti pubblici e sull’art. 85 della Direttiva 2014/25/Ue, assume un valore politico ed economico di primo piano: difendere la produzione europea, l’occupazione e gli standard di sicurezza contro pratiche di dumping e concorrenza sleale.
I settori speciali (acqua, gas ed energia) rappresentano il 7% del Pil europeo e il 10% del Pil italiano, con impiegate 20.000 di persone. La posizione del Parlamento europeo e del Governo italiano è chiara nella tutela del “Made in” a fronte della concorrenza sleale dei Paesi terzi. Il Consiglio di Stato sottolinea che questa norma non è un tecnicismo, ma una scelta strategica del legislatore per garantire la par condicio negli appalti pubblici e la tenuta del mercato interno, in un contesto globale dove operatori di Paesi come India e Cina beneficiano di costi di produzione inferiori e regole meno stringenti.
Questa pronuncia rafforza la linea europea verso la autonomia industriale, in coerenza con strumenti come il Cbam e le misure anti-dumping, e rappresenta un precedente importante per i settori speciali (es. tubazioni in ghisa sferoidale), dove la competizione extra-Ue rischia di compromettere intere filiere.