
I dati dell'Osservatorio del Centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali confermano una ferita aperta che nessun governo e nessuna maggioranza politica è mai riuscita a curare
Le tasse sono pagate da pochi, sempre gli stessi, e quindi sono evidentemente troppo alte. Non è una novità ma i dati dell'Osservatorio sulle dichiarazioni dei redditi ai fini Irpef, realizzata dal Centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali, riaprono una ferita aperta: il paradosso del fisco italiano che nessun governo e nessuna maggioranza politica è mai riuscita a modificare. Il risultato è che quello che resta dello stato sociale, i servizi primari, dalla sanità alla scuola è a carico di meno della metà degli italiani e con una distribuzione, all'interno di questa metà, che pesa quasi esclusivamente su un quarto della popolazione. Gli altri, quelli che non pagano le tasse, beneficiano degli stessi servizi senza pagare un euro.
Lo dicono con estrema chiarezza i numeri. Un cittadino italiano su due non versa neanche un euro di Irpef (43,15%) e il 76,87% di quanto viene versato arriva da un quarto del totale dei contribuenti: sono 11,6 milioni di persone, su 42,6 milioni di dichiaranti. Gli altri 31 milioni pagano solo il 23,13%.
Qualsiasi analisi che parta da questi dati si deve confrontare con una domanda che ha posto Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali: "E' davvero credibile che quasi la metà degli italiani viva con circa di 10 mila euro lordi l'anno?". La risposta evidentemente è 'no' e c'entrano chiaramente l'evasione e l'elusione fiscale, che si sommano nell'economia sommersa, sconosciuta al fisco, che tiene in piedi almeno la metà del Paese. Dentro ci sono il lavoro nero e tutte le pratiche che nascondono all'erario redditi e introiti di varia natura. Altra riflessione significativa è quella che ha suggerito Stefano Cuzzilla, presidente di Cida, che ha contribuito al rapporto: "Chi guadagna dai 60 mila euro in su, di fatto, finisce sempre per pagare per due: per sé e per chi resta totalmente a carico della collettività. È la trappola del ceto medio: molti ricevono senza dare, pochi danno senza ricevere".
Le conseguenze del quadro descritto dai dati sono quelle che ognuno di noi può riscontrare nella sua vita quotidiana, in maniera empirica. Le persone che sono rappresentate nel rapporto, quelle che dichiarano e quelle che non dichiarano, vivono nella stessa realtà. Frequentano gli stessi ospedali, portano i figli nelle stesse scuole, mangiano negli stessi ristoranti. Con una differenza sostanziale tra una categoria e l'altra.
Partiamo dai 'pochi che danno senza ricevere'. L'incremento del costo della vita ridimensiona la capacità di acquisto del ceto medio, facendo pesare di più le tasse rispetto al reddito disponibile. Il ceto medio, quello che dichiara il reddito e paga le tasse, si impoverisce. I 'molti che ricevono senza dare' sono quelli che non hanno mai pagato le tasse, e continuano a non pagarle, pur potendo contare su disponibilità economica che proviene da fonti sconosciute al fisco. Sono gli evasori, di qualsiasi ceto, che in assenza di un'azione di contrasto efficace, hanno più possibilità di conservare la propria condizione, che nessun rapporto e nessun dato riuscirà mai a intercettare. (Di Fabio Insenga)