
Il grido d'allarme degli imprenditori: 'Centri studi di settore hanno stimato il potenziale danno economico complessivo in 38 miliardi nei prossimi 5 anni'
Il blocco dei cantieri di Milano rischia di mandare in rovina circa 4.500 famiglie che hanno già investito denaro o avviato mutui senza avere la casa ma la vicenda rischia di mandare all'aria anche numerose imprese legate ai cantieri bloccati e far finire in fumo una quantità impressionante di miliardi di investimenti, fino a 3 punti di Pil. Il grido d'allarme è di Federico Filippo Oriana, presidente di Aspesi Unione Immobiliare, l’associazione delle imprese immobiliari italiane che riunisce le società che investono in iniziative di valorizzazione, sviluppo e recupero di fabbricati e aree edificabili, oltre ad aziende e studi professionali di architettura, ingegneria, general contracting e servizi immobiliari, industrie che lavorano per l’edificio, property companies e associazioni del settore.
"Gli investimenti attualmente bloccati ammontano a circa 5 miliardi di euro -spiega Oriana all'Adnkronos- ma, considerata l’intera filiera edilizia e industriale, i centri studi di settore hanno stimato il potenziale danno economico complessivo in 38 miliardi nei prossimi 5 anni. Ecco perché è necessario e urgente risolvere i problemi delle famiglie, ma contemporaneamente anche la situazione delle imprese, visto che siamo sulla stessa barca". Ad oggi è stato calcolato che sono 4.525 gli appartamenti bloccati, pari ad altrettanti nuclei familiari che, se moltiplicati per il tasso di occupazione medio a Milano di 2,7 persone per appartamento, arriviamo a più di 12mila persone senza casa: "Quello delle famiglie -afferma Oriana- è un problema assolutamente incolpevole, perché loro hanno comprato, potendo comprare. Ma anche le imprese hanno venduto potendo vendere, cioè avendone tutti i titoli e le condizioni".
Poi, a seguito dello stop per l'inchiesta sull'urbanistica, che finora ha portato a 6 arresti e alla sospensione di molte decine di progetti e investimenti in corso o già programmati, "le società hanno dovuto interrompere le loro attività. Parliamo di un'intera filiera costituita da società promotrici, a valle delle quali vi sono imprese di costruzione, aziende industriali, lavoratori, professionisti e famiglie. Società indebitate con le banche che se non riprendono subito a lavorare rischiano il fallimento". Tra queste, "c'è già il caso di una società, non nostra associata, che è finita in una procedura concordataria e un'altra, nostra, ma di cui non posso fare il nome, che ha in ballo una penale milionaria: se entro il 15 novembre l’impresa appaltatrice non viene rimessa dentro il cantiere a lavorare, la società sarà costretta a pagarle qualcosa come 10 milioni di euro di penale".
La filiera immobiliare complessiva, cioè tutto il mondo che lavora per realizzare, arredare e gestire l'edificio "è la prima filiera dell'economia italiana e, con edilizia, produzione industriale per arredi, materiali e impianti e servizi immobiliari, vale circa il 30% dell'economia italiana. Se la macchina non viene rimessa subito in moto gli investimenti a rischio per i prossimi 5 anni sono almeno 38 miliardi di euro, pari a oltre l’1,6% del Pil. Ma se tutta la filiera delle costruzioni private in Italia si bloccasse per l’incertezza normativa sulle operazioni di sostituzione edilizia si potrebbe facilmente arrivare alla perdita di 3 punti di Pil spalmati nei prossimi 5 anni, un disastro veramente insostenibile per l'economia italiana anche nel contesto europeo".
In questa situazione, riflette ancora il presidente di Aspesi, l'elemento di maggiore crisi è l'incertezza, il non sapere che cosa sia o sarà legale o no: "Questa vicenda -dice- va avanti da 19 mesi; 19 mesi fondati sull'incertezza sia sulle norme amministrative che regolano l'attività immobiliare-edilizia, sia sui conseguenti effetti civilistici, cioè con la nostra clientela. E in Associazione pensiamo anche che non sia lo strumento penalistico quello appropriato per affrontare problemi interpretativi della normativa, perché ha un diverso fine istituzionale, quello di colpire i comportamenti delittuosi in mala fede".
Per chiarire, "è come se io andassi in ospedale per un ricovero e firmassi un modulo, poi si scopre che quel modulo era illegittimo perché l'ospedale aveva sbagliato a redigerlo. Io posso anche capire se mi cacciano dall'ospedale perché il modulo era illegittimo, ma di certo non mi aspetto che mi denuncino e mi mandino a processo per aver firmato un modulo che mi era stato fornito dall'ospedale. E questo è proprio ciò che è successo ai nostri associati. Andavano in Comune e gli veniva detto: "Firmi lì, che quella è la procedura per la demo-ricostruzione". Cosa avrebbero dovuto fare? Non potevano certo essere loro a contestare il Pgt di Milano. Quando poi era noto a tutti che la normativa nazionale, regionale e locale aveva previsto volutamente delle agevolazioni per le operazioni di sostituzione edilizia perché utili al territorio, ma più costose per le necessarie demolizioni e bonifiche".
Ciò che gli imprenditori chiedono è quindi una soluzione legislativa: "La vera e unica uscita possibile da questo pasticcio è una legge dello Stato che componga la situazione -afferma Oriana-; una legge dello Stato ha due virtù fondamentali rispetto a qualunque soluzione locale: la prima è che non discrimina tra situazione e situazione, ad esempio tra cantiere sequestrato e cantiere mai partito, ma le salva tutte; la seconda insostituibile virtù di una legge della Repubblica è quella che dà un futuro al settore".
Del resto, "lo Stato non può limitarsi al pur necessario sblocco del passato, ma deve dire una volta per tutte come si fa la rigenerazione urbana in questo Paese, con quali procedure e con quanti oneri da pagare ai Comuni. Roma e Milano hanno un bisogno enorme di rigenerazione urbana; solo a a Milano ci sono 204 siti abbandonati in un comune di soli 183 chilometri quadrati che penso nessuno voglia seriamente che restino lì nel degrado. Non possono dirci di agire in un modo e poi si deve fare in un altro. Noi vogliamo delle certezze, tanto per il passato, quanto per il futuro. E queste -conclude- le può dare solo una legge nazionale".