
L'economista del Case prevede un accordo sfavorevole a Kiev, ma che Trump "cercherà d'imporre, forzandoli ad accettare". Zelensky al tavolo dei negoziati? "Possibile, ma solo dopo che qualcosa sarà stato deciso tra Putin e Trump".
"Sento che sia Trump che Putin vogliono trovare un accordo”. Lo ha dichiarato all’Adnkronos Vladislav Inozemtsev, economista russo dell’European Centre for Analysis and Strategies (Case), in vista del vertice tra il presidente americano e il leader del Cremlino, previsto per venerdì in Alaska: "Potrebbe accadere che Putin faccia delle concessioni e alla fine si raggiungano risultati positivi, come ad esempio che gli ucraini cedano i territori lungo le attuali linee del fronte, magari con piccoli scambi territoriali. Non sarebbe una soluzione accettabile per Kiev, ma si darebbe avvio a un negoziato. Il problema principale sarà che l’accordo non sarà conveniente per gli ucraini e Trump cercherà di imporglielo, forzandoli ad accettare".
Secondo l’economista, la prospettiva più realistica è che dal vertice non emerga una rottura, ma un’intesa di qualche tipo. "Non sarà una situazione in cui si dirà che le condizioni sono inaccettabili e i colloqui vengono annullati. No, produrranno un accordo, che poi dovrà essere attuato. Sarà questo il primo passo, e da lì inizierà la parte più complessa, perché Putin cercherà di ottenere il massimo nelle concessioni e Trump vorrà poter rivendicare un successo diplomatico. Questa dinamica rappresenta, a mio avviso, l’inizio di una fase delicata, in cui l’Ucraina rischia di trovarsi sotto forti pressioni".
Inozemtsev entra poi nei possibili contenuti territoriali dell’intesa: "Se si decidesse di fermarsi sull’attuale linea del fronte, ci sarebbe una buona possibilità che gli ucraini accettino. Ma se Trump acconsentisse a concedere a Putin l’intero territorio di Donetsk in cambio di piccole aree altrove, questo non reggerebbe. Sarebbe inaccettabile per Kiev rinunciare alla parte di Donetsk che ancora controlla, perché significherebbe cedere una fetta significativa e simbolicamente importante. Il Donetsk rimasto in mano ucraina rappresenta più di una semplice porzione di territorio: è il simbolo della resistenza e della sovranità".
L’analista riconosce tuttavia che anche la Russia affronta limiti e difficoltà: "Se l’intesa si limitasse a riconoscere le aree già occupate, senza ulteriori concessioni, forse l’Ucraina accetterebbe, anche perché le opzioni sono poche. La Russia è esausta, i problemi economici si accumulano e Putin non è in condizioni ideali, ma riesce comunque a portare avanti operazioni militari e ad avanzare. Per lui, il tempismo dei negoziati è favorevole, perché può presentarsi al tavolo con un margine di forza".
Sul ruolo di Trump, Inozemtsev è netto: "Trump non rappresenta l’Ucraina. Non è qualcuno che sta dalla parte di Kiev. A mio avviso, persegue la propria agenda e sembra davvero voler avere la pace nel mondo. È un uomo d’affari, non vuole la guerra, non vuole che la gente venga uccisa, non vuole Stati in conflitto. Chiunque si opponga alla sua idea di pace diventerà il suo avversario, che si tratti di Zelensky o di Putin. Ma se le cose andranno male, credo che Trump semplicemente si ritirerà, dicendo: "Ho fatto il massimo, ma nessuno vuole la pace, ho altre priorità"". L’economista aggiunge: "Non credo che possa nascere una pace duratura, il problema è troppo profondo e Putin non è affidabile, mentre la società ucraina è troppo contraria a cedere territori. Forse non sarebbe male per Trump uscire di scena, con una buona scusa, perché come si dice in Russia: "Una fine terribile è meglio di un tormento senza fine"".
Infine, Inozemtsev si sofferma sulla possibile partecipazione di Zelensky ai negoziati: "Può accadere, ma solo dopo che qualcosa sarà stato deciso tra Putin e Trump. Putin presenterà l’intesa come frutto di un accordo fra "due grandi" e solo in seguito, per questioni tecniche, potrà parlare con Zelensky di come attuarlo. Ma mai dall’inizio: Putin non considera l’Ucraina un partner indipendente, la vede come parte dell’Occidente guidata da Washington, e su questo non cambierà idea. È convinto che le decisioni si prendano tra Mosca e Washington, e che Kiev debba limitarsi a recepirle e applicarle".