Marco Rambaldi, 'gioia radicale' in passerella tra crochet, pelle e Palestina

Il manifesto dello stilista bolognese che si schiera sul conflitto a Gaza e manda in scena inclusione e diritti

Tre uscite della primavera-estate 2026 di Marco Rambaldi
Tre uscite della primavera-estate 2026 di Marco Rambaldi
26 settembre 2025 | 17.39
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La bandiera della Palestina che sventola in passerella e un applauso che abbraccia una comunità intera. Marco Rambaldi chiude così il suo show primavera/estate 2026, ‘Gioia radicale’, trasformando la sfilata in un manifesto di resistenza, inclusione e libertà. Un gesto forte, accompagnato da un’estetica che intreccia artigianato, memoria e ribellione. Il pubblico presente, tra cui Chiara Ferragni e il manager Marco Bizzarri, applaude con calore, come a sottolineare il significato politico e umano del gesto.

“Gioia radicale è voglia di vita e ribellione - racconta lo stilista bolognese, classe 1990, nel backstage - è un inno al passato che ha molto da farsi perdonare ma che oggi serve da bussola in un momento storico così complicato come quello che stiamo vivendo”. La collezione lo dice ad alta voce: crochet ovunque, trasformato da vezzo nostalgico a strumento di seduzione e costruzione sartoriale. Centrini che diventano abiti da sposa strutturati, tovaglie vintage che si trasformano in camicie impalpabili, trasparenze di tulle che lasciano intravedere la pelle. La pelle stessa è protagonista assoluta: caban e pantaloni morbidi, canotte intrecciate a mano, borse ‘Femminella’ che mischiano tradizione e modernità.

“Abbiamo lavorato molto sul concetto del crochet - evidenzia Rambaldi - che è diventato uno dei cuori del brand, declinato in vari modi. Poi abbiamo lavorato molto la pelle, sia interamente a mano, partendo da un laccio che diventa canottiera sia con la classica nappa testa di moro che abbiamo tagliato e assemblato con la tecnica dell’uncinetto”. Il mood è quello di un’estate che sa di piazze, di pellicole d’epoca, come ‘C’eravamo tanto amati’ del 1974, e di liberazione sessuale, come ‘The Faggots & Their Friends Between Revolutions’ il manifesto gay del 1977 scritto da Larry Mitchell sotto forma di favola. “Ci sono riferimenti alle battaglie della nostra community queer e trans – spiega Rambaldi – in un momento storico in cui vediamo calpestati diritti conquistati con fatica. Ma anche un bisogno di spensieratezza, di fiaba: Pippi Calzelunghe come musa anarchica, perché i bambini e le bambine possano crescere liberi di esprimersi”.

Non a caso, agli ospiti viene offerto come cadeau una scatolina di giocattoli Fisher Price che rappresentano personaggi inclusivi. Inclusione, come sempre, anche nel casting: la top model trans Gia apre la sfilata, seguita da corpi di ogni forma e identità. Tra le modelle anche Veronica Yoko Plebani, campionessa olimpica, che incarna il dialogo tra forza e delicatezza che attraversa la collezione. Crochet, pelle, tulle, riuso e stratificazioni, senza dimenticare la romantica scritta che campeggia su un top: ‘ci vediamo domani, gli altri giorni ci immaginiamo’. La collezione è un mosaico di passato e futuro, dolcezza e lotta, un invito a vivere la moda come atto di resistenza e di speranza. Un messaggio ancora più potente se si considera che Rambaldi è l’unico stilista, finora, ad essersi schierato apertamente durante la Fashion Week sul conflitto a Gaza. (di Federica Mochi)

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