Manildo: ''così costruirò il Veneto di tutti, con Zaia 5 anni stanchi''

Una candidatura, quella dell'ex sindaco di Treviso, Giovanni Manildo, a presidente della Regione Veneto nata da forze che lo vedevano come un "federatore" della sinistra per ricostruire una coalizione democratica che cinque anni fa aveva raggiunto il 16%, contro il 76 del centrodestra

Giovanni Manildo
Giovanni Manildo
13 novembre 2025 | 13.20
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Tra dieci giorni il Veneto si recherà alle urne dopo quindici anni di governo della Lega con Luca Zaia, il centrosinistra prova a risalire la china con la candidatura di Giovanni Manildo. Ex sindaco di Treviso, la sfida per Manildo è difficile: ribaltare un dominio che sembrava incrollabile e convincere i veneti che è possibile costruire quello che chiama "Veneto di tutti, non più di uno solo". Sanità pubblica, giovani, lavoro e una nuova centralità per il sociale al centro del programma, contrapponendosi a un centrodestra che "ha perso slancio e ascolto". Questa, secondo Manildo "la battaglia per ridare voce a chi si sente abbandonato, la partita vera per una regione in cerca di nuova coesione e futuro".

Il 23 e 24 novembre si vota per le regionali. Che clima si respira nella coalizione di centrosinistra?

Un bel clima, il centrosinistra vuole dire la sua in Veneto. Andiamo controvento, raccogliamo una grande voglia di cambiamento e una maggiore partecipazione. Ci sono esigenze, fragilità e sfide diverse da cogliere, per questo siamo ottimisti. Noi continuiamo con fiducia nel lavoro che abbiamo fatto.

Quali sono i punti principali del vostro programma?

In primo luogo, la modalità di governo della regione deve essere basata su un’idea di partecipazione e condivisione del potere, che è ciò che chiedono un po’ tutti. Bisogna passare dal Veneto di uno al Veneto di tutti. La sanità pubblica è fondamentale e deve essere garante di giustizia sociale, evitando le derive privatistiche in stile lombardo. Proprio per questo noi abbiamo già indicato chi sarà il nostro assessore alla sanità in caso di vittoria: Mimmo Risica, una stella polare della sanità pubblica e dell’impegno civile. Servono poi una valorizzazione del personale sanitario e un rafforzamento delle cure primarie e della prevenzione, per migliorare l’efficienza e risparmiare sui costi. Anche qui la Lombardia è un esempio da non imitare. In questo senso Flavio Tosi che è il probabile assessore alla sanità per un gioco di equilibri politici è un nome che non fa dormire sonni tranquilli visto che ha più volte dichiarato come la sanità debba andare verso una progressiva privatizzazione. Grande attenzione deve essere posta sui giovani: siamo una regione con elevata emigrazione giovanile, a causa della scarsa attrattività del Veneto dal 2011 ad oggi se ne sono andati via in 48mila. Sul fronte lavoro, proponiamo un primo stipendio d’ingresso che tenga conto del costo della vita, con un’integrazione di circa 500-600 euro per un biennio. Stiamo valutando l’inserimento di questa misura come modifica del contratto di apprendistato, per renderla più efficace. Un altro tema importante è la valorizzazione concreta della figura della donna, rendendo più efficiente il lavoro femminile. Per questo abbiamo approvato anche la legge per tutelare i caregiver, che nella nostra regione sono prevalentemente donne. Abbiamo inoltre lanciato l’asilo nido gratuito per tutti, per aumentare la qualità della vita e rendere il Veneto più attrattivo. In una regione che vuole occuparsi di tutti, queste misure sono fondamentali. Puntiamo poi a un grande piano casa in collaborazione con le agenzie regionali e che sia dotato di almeno 500 milioni di euro all’anno, per rendere agibili gli edifici pubblici e rispondere ai grandi bisogni abitativi. Il problema dell’abitare riguarda soprattutto la classe media e i lavoratori poveri. Partiamo da un efficientamento del piano, poi collaboriamo con il settore privato su forme di co-housing e recupero degli edifici esistenti.

La coalizione è compatta? Ci sono dissapori?

La mia candidatura è nata su sollecitazione di più forze che vedevano in me il “federatore” della sinistra. Sono iscritto al Partito Democratico, ma non partecipavo alla vita politica da qualche anno. Quella con cui ci presentiamo è una coalizione ampia, ma molto coesa, con proposte concrete e condivise da tutti. Sto registrando un clima positivo che mi fa capire che stiamo costruendo qualcosa di significativo. Negli ultimi cinque anni il centrosinistra ha rappresentato una vera minoranza in Consiglio regionale, con 9 consiglieri su 50. Alla scorsa tornata elettorale abbiamo fatto il 16%, contro il 76 del centrodestra. Questo è un momento di ricostruzione.

Cosa serve al centrosinistra per vincere in Veneto?

Sono tanti i delusi dalla politica. Molte volte il centrosinistra è stato interpretato come distante. L’unione di tutti è fondamentale per una ricostruzione, per questo dobbiamo puntare a una politica che sia empatica, che raccolga paure e fragilità delle persone e che inauguri un rapporto diverso con la società veneta che ci ha sempre visto con una certa difficoltà a livello regionale. Il nostro rilancio deve partire dalla creazione di fiducia nei cittadini con proposte chiare e idee sulla società che vogliamo costruire. Per questo dobbiamo ascoltare i bisogni e inaugurare una nuova stagione politica più vicina alle persone. In campagna elettorale l’atteggiamento è stato propositivo con la consapevolezza che anche nel centrosinistra ci sia l’attitudine per il governo.

Come valuta il lavoro svolto da Luca Zaia durante i suoi due mandati da presidente della Regione Veneto?

Gli ultimi cinque anni di Luca Zaia sono stati molto stanchi, ci sono state mancanze: una progressiva non adeguata attenzione al sociale e ai bisogni fondamentali, una mancata regia in politiche di sviluppo economico. È mancato poi l’ascolto dei portatori di interesse qualificati per costruire nuove idee di sviluppo. Questo aver perso tempo è un’idea non solo dell’opposizione, ma condivisa da più parti. Lo stesso candidato di centrodestra, che pur si dice in continuità, sta dicendo cose che sono in contraddizione con il passato.

E del candidato del centrodestra Alberto Stefani?

Garbato e gentile nei modi, ma politicamente è nella triade con Roberto Vannacci e Matteo Salvini, è vicesegretario nazionale della Lega e segretario regionale qui in Veneto. Ritengo che quella di Stefani sia stata una scelta romano centrica. Peraltro il suo presentarsi come “uomo nuovo” è offensivo per i veneti. Da capo veneto della Lega non ha mosso un dito per risolvere il problema delle liste d’attesa o dei giovani che se ne vanno perché non vedono prospettive per loro nella nostra regione. E da leader romano del suo partito non ha spinto per sostenere nessuna misura per fronteggiare il carovita che si sta mangiando stipendi, risparmi e pensioni e per affrontare, senza limitarsi alla propaganda, la questione sicurezza dove hanno decisamente abbandonato le donne e gli uomini delle nostre forze dell’ordine.

Come è allineato sul tema dell’autonomia?

È stata una battaglia esibita invece che combattuta, una bandiera, e io vorrei che fosse concreta. La vedere in armonia con le altre regioni: se insieme facessero un percorso serio di autonomia differenziata si potrebbe arrivare a una rappresentatività delle stesse. Quello che però ho visto è una rivendicazione di tutte le 23 materie in modo indifferenziato, senza uno studio analitico sotto. Per questo dico che è stata più una battaglia esibita dove conseguire il risultato non contava molto, una battaglia per slogan. Sono più vicino alle frasi dell’avvocato Mario Bertolissi, grande propositore dell’autonomia: il modo concreto per portarla avanti è ragionare in modo empirico e concreto. Sarei molto contento se fosse un argomento costruttivo da portare avanti tutti insieme per i nostri territori, ma al momento la richiesta di autonomia indifferenziata è uno slogan. Così non arriverà mai.

Quali interventi ritiene necessari per rafforzare la coesione territoriale tra le diverse aree del Veneto, da quelle più urbanizzate alle zone rurali?

È importante arrivare a una cucitura. Una delle azioni forti che abbiamo portato avanti è stata riprendere l’idea del trasporto metropolitano di superficie, una proposta di 30 anni fa, abbandonata da una decina d’anni da chi ha governato fino a ora. Rendendola realtà potremmo contrastare lo spopolamento delle aree interne, che è una delle nostre priorità. Fondamentale è anche l’infrastruttura digitale: il Veneto deve essere connesso per permettere lo sviluppo di nuove forme di economia, come le startup digitali. Credo che affrontare queste due sfida possa aiutarci a creare un tessuto connettivo su cui innestare processi sociali ed economici di sviluppo, contrastando lo spopolamento e favorendo la nascita di nuove imprese. Infine, la Regione dovrebbe lavorare con grandi player industriali. L’importante è che l’ecosistema veneto — imprenditori, Regione e università — renda il territorio più attrattivo per gli investimenti e l’ingresso di attori importanti, che possano generare ricadute significative anche per le pmi. Sono la nostra ricchezza e per valorizzarle serve una regia regionale che faccia da collante.

Il presidente Zaia ha realizzato un messaggio con l’intelligenza artificiale....

Lo lasciamo a loro. Quando l’ho visto pensavo non fosse ufficiale, poi mi sono dovuto ricredere. Certamente mi ha molto colpito anche se non risponde molto all’idea di Luca Zaia che avevo. Poi ci sarà qualche esperto in comunicazione che l’ha consigliato.

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