Morto Bob Wilson, addio al regista visionario della scena contemporanea

Aveva 83 anni, artista e innovatore che ha riscritto le regole dello spettacolo

Bob Wilson - Fotogramma /Ipa
Bob Wilson - Fotogramma /Ipa
31 luglio 2025 | 19.56
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Bob Wilson, regista e artista visivo statunitense considerato tra i più visionari creatori della scena contemporanea, è morto oggi all'età di 83 anni nella sua casa nella cittadina di Water Mill, nello stato di New York, sull'East End di Long Island. Con lui scompare non solo un regista, ma un architetto del tempo, un poeta della luce, un artista capace di trasformare il teatro in un'esperienza radicalmente sensoriale. La notizia della scomparsa in Italia è stata diffusa dal Teatro alla Scala. Proprio quest'anno al Salone del Mobile di Milano aveva presentato l’installazione "Mother", un omaggio alla Pietà Rondanini di Michelangelo, e diretto alla Scala la serata "The Night Before. Object Chairs Opera", con Marina Rebeka e l'Orchestra del Teatro alla Scala diretta da Michele Spotti.

"Artista completo, regista e scenografo di prosa e d'opera, Wilson ha inteso sempre il teatro come opera d'arte totale, curando ogni dettaglio degli spettacoli che firmava; ma l’impatto del suo lavoro si estende alle altre arti e a tutti i campi della creatività", scrive il Teatro alla Scala in un messaggio di cordoglio del sovrintendente Fortunato Ortombina e del direttore musicale Riccardo Chailly. La Biennale di Venezia lo ricorda come "un vero maestro, creatore geniale, Leone d’oro per la scultura alla Biennale Arte del 1993".

Nato a Waco, in Texas, il 4 ottobre 1941, Robert Wilson si era formato come architetto, ma ben presto aveva trovato nella scena teatrale una tela più adatta alla sua ricerca estetica. Fondatore nel 1968 della Byrd Hoffman School of Byrds - compagnia sperimentale dedicata al recupero di giovani con disabilità - fu proprio da questa esperienza umana e artistica che nacque "Deafman Glance" (1970), l’opera che lo rese celebre in tutto il mondo. I suoi spettacoli non si raccontavano: si attraversavano. Lenti, silenziosi, ipnotici. In opere come "Einstein on the Beach" (1976), creata con il compositore Philip Glass e la coreografa Lucinda Childs, rappresentata a Venezia alla Biennale Teatro e Musica del 1976 diretta da Luca Ronconi. Wilson costruiva cattedrali visive dove il tempo perdeva consistenza e si faceva percezione. Con luci scolpite, spazi vuoti e una gestualità rarefatta, ha imposto un nuovo modo di fare teatro, dove il senso non si cercava nel testo ma nella composizione visiva.

Dopo l'esperienza con i “Byrds”, Wilson cominciò a collaborare con attori professionisti, portando la sua estetica nei grandi teatri del mondo. Mise in scena classici come "King Lear" e "Hamlet", ma anche testi contemporanei come "Hamletmachine" di Heiner Müller, oltre a opere liriche come "Madama Butterfly" o "Parsifal", tutte reinterpretate con una coerenza stilistica unica: essenzialità scenica, rigore cromatico, potenza iconografica. Wilson non fu mai solo un uomo di teatro. I suoi storyboard furono esposti nelle gallerie già dagli anni '70, e nel 1993 vinse il Leone d'Oro alla Biennale di Venezia per l'installazione "Memory/Loss". Le sue Voom Portraits, realizzate in collaborazione con il canale televisivo Lab HD, hanno ritratto personaggi celebri e sconosciuti con la stessa attenzione quasi rituale. Memorabili i ritratti video di Lady Gaga, esposti al Louvre nel 2013. Collaborò con icone della cultura pop e underground, da Tom Waits a William S. Burroughs, da Lou Reed a Marina Abramović, con cui creò "The Life and Death of Marina Abramović". Ogni lavoro era un viaggio in un mondo altro, dove il visibile diventava spirituale, il banale diventava sublime.

Nel 1991 Bob Wilson aveva fondato The Watermill Center, un luogo di ricerca interdisciplinare per artisti da tutto il mondo. La sua influenza è oggi presente nei teatri, nei musei, nelle scuole d’arte e nelle menti di generazioni di artisti che ne hanno seguito le tracce.

Dopo il balletto Edison su musiche di Michael Riesman al Teatro Nazionale di Milano nel 1979, la prima produzione di Bon Wilson alla Scala è Salome, memorabile spettacolo del 1987 con la direzione di Kent Nagano, i costumi di Gianni Versace e Montserrat Caballé protagonista. Tornò due anni più tardi con Doktor Faustus di Giacomo Manzoni, direzione di Gary Bertini e ancora costumi di Versace. Tra il 2011 e il 2015 firmò Il ritorno di Ulisse in patria, L’Orfeo e L’incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi con la direzione di Rinaldo Alessandrini.

Nel 2023 era stato insignito del Praemium Imperiale per il Teatro dalla Japan Art Association, massimo riconoscimento per le arti fuori dal circuito del Nobel. "Non ho mai pensato al teatro come a una decorazione, ma come a qualcosa di architettonico", diceva Wilson. E in effetti le sue opere erano edifici della mente, strutture del tempo, meditazioni visive in cui ogni sedia era una scultura, ogni luce un gesto, ogni pausa un discorso. (di Paolo Martini)

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