Turnstile, pogo e poesia per i paladini del nuovo hardcore

Dai piccoli club ai Grammy, la band di Baltimora protagonista a Milano di uno show sold out, tra chicche di repertorio e brani del nuovo disco ‘Never Enough'

I Turnstile sul palco dell'Alcatraz di Milano (AdnKronos)
I Turnstile sul palco dell'Alcatraz di Milano (AdnKronos)
13 novembre 2025 | 00.09
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Prendere una scarpa sui denti o vedere qualcuno lanciarsi sul palco, e subito dopo dal palco, è probabilmente la cosa meno sorprendente a un concerto dei Turnstile. Il caos è ormai parte integrante della loro estetica: un’energia fisica che travolge tutto e tutti. Vietato stare fermi. Anche perché non esistono confini tra palco e pubblico, tra band e fan, in un senso di comunità che si manifesta a ogni spinta. Il gruppo di Baltimora, attivo dal 2010, torna in Italia per la sua terza volta, la prima sul palco dell’Alcatraz di Milano, gremito fino all’ultimo centimetro per uno show sold out da mesi. Un successo meritato, frutto della recente svolta della loro produzione, capace di mescolare post-hardcore e alt-rock con dettagli persino pop e metal, in un mix potente e imprevedibile.

La scaletta si concentra soprattutto su ‘Never Enough’, l’ultimo album uscito il 6 giugno scorso, e su ‘Glow On’, il full-length che nel 2021 ha proiettato la band nell’olimpo dell’alternative mondiale, valendole tre nomination ai Grammy Awards 2023 (diventate poi cinque nell’edizione 2026). Non mancano alcune chicche dai precedenti ‘Non Stop Feeling’, ‘Time & Space’ e persino ‘Step To Rhythm’ del 2013, a testimonianza delle loro radici squisitamente hardcore. Il set, aperto dalle band High Vis e The Garden, parte con la title track ‘Never Enough’ subito seguita dalla trascinante ‘T.L.C. (Turnstile Love Connection)’ e da ‘Endless’. La varietà di repertorio degli statunitensi si manifesta anche negli altri estratti del terzo album, come nel riff nervoso di ‘Real Thing’, nei contrasti dinamici di ‘Don’t Play’, nell’impetuosa ‘Sunshower’ o nel climax del ritornello di ‘Look Out For Me’, mentre il pubblico canta ogni parola a squarciagola, stretto come se fosse un unico corpo in movimento.

Sul palco, il frontman Brendan Yates non sta fermo un istante: salta, corre, incita la folla. “È bello essere tornati” dice. E non batte ciglio neanche quando il microfono inizia a gracchiare nel finale di ‘Holiday’. A sostenerlo, una sezione formidabile - il basso di Franz Lyons e la batteria di Daniel Fang, le chitarre di Pat McCrory e Meg Mills (subentrata nel 2022 al fondatore Brady Ebert), precise e affilate. La produzione è minimalista, con un solo telo in technicolor, quasi a voler evitare ogni interferenza tra band e fan e una disco ball che si accende sulle note di ‘Seein’ Stars’. Tra i momenti più intensi, ‘Blackout’ e ‘Mystery’, due dei brani più amati di ‘Glow On’, con Yates che solleva l’asta del microfono lasciando cantare la folla da sola. In ‘I Care’ le liriche malinconiche si trasformano in inno appena parte ‘Dull’ e le luci si tingono di rosso. E quando arriva ‘Birds’ - uno dei primi singoli del nuovo disco - l’Alcatraz esplode un’ultima volta, in un finale che riassume perfettamente lo spirito dei Turnstile, con il pubblico che sale sul palco e diventa un unicum con la band. Bisogna vedere per credere.

Quando nell’estate scorsa, i Turnstile hanno portato la loro musica al Tiny Desk di Npr, diventando probabilmente la prima band a fare stage diving tra gli scaffali di una redazione, hanno dimostrato che la loro energia può esplodere ovunque, anche nello spazio più impensabile. Non a caso, intorno al disco ruota anche ‘Turnstile: Never Enough’, il film proiettato in sala e nei festival internazionali, ulteriore prova della voglia di sperimentare del gruppo.

Nel frattempo, Brendan Yates e soci hanno calcato i palchi di Primavera Sound, Glastonbury, Hellfest e Outbreak, sono passati al Tonight Show con Jimmy Fallon e hanno perfino portato la loro musica al Tribeca Festival. Ora, con un posto già assicurato nelle line-up di Coachella 2026 e del Lollapalooza in Sudamerica, i Turnstile sembrano avere un’unica missione: dimostrare di essere la miglior band alternativa in circolazione. Un’operazione non impossibile. I cinque di Baltimora hanno reso l’hardcore qualcosa di accessibile anche a chi, fino a ieri, lo conosceva solo per sentito dire. E con ‘Never Enough’ hanno fatto il salto di qualità, oltrepassando i confini della nicchia, eredi di una scena, quella di Baltimora, che ha visto nascere mostri sacri come Fugazi e Bad Brains.

Dopo anni passati a suonare ovunque - dai piccoli club ai parchi di quartiere, come l’esibizione che ha fatto il giro del mondo nella loro città natale - i Turnstile sono diventati molto più di un nome di culto. Forse la band perfetta per impersonare questo momento storico. Per ora, resta un fatto: chi li vede dal vivo ne esce travolto e quasi stordito dall’energia fisica e dalla sensazione che qualcosa di genuino, finalmente, stia davvero accadendo. (di Federica Mochi)

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