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Turchia, ambasciatore a Roma: "Su Santa Sofia decisione sovrana"

Si fonda su "basi legali" ha detto Murat Salim Esenli rispetto alla riconversione in moschea. Ed ha aggiunto: "Santa Sofia è aperta ai cristiani"

(Fotogramma)
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14 luglio 2020 | 11.21
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Su Santa Sofia la Turchia ha preso una “decisione sovrana" che si fonda su “basi legali". Lo ha detto l’ambasciatore della Turchia in Italia, Murat Salim Esenli, incontrando i giornalisti nella sede diplomatica di via Palestro. “E' al governo della Turchia che spetta decidere la sua destinazione", ha affermato il diplomatico, ricordando come il sito sia rimasto moschea fino al 1931 e come sul piano legale l’edificio era proprietà di una Wafq, ossia “una fondazione” che ne aveva la proprietà e che era legata al sultano Mehmet che la utilizzava come moschea. In un secondo momento il governo turco ha preso il controllo della fondazione ed è diventato il custode della moschea. Confermato, inoltre, il valore culturale dell’edificio storico, che come ha ricordato l’ambasciatore resta un sito patrimonio dell’Unesco.

L'ambasciatore ha poi aggiunto che Santa Sofia è aperta allo stesso modo ai musulmani e ai cristiani. “In Turchia ognuno è libero di professare la propria fede”, ha affermato il diplomatico, ricordando come solo a Istanbul esistano “89 chiese e 21 sinagoghe". E rispetto alla riconversione di Santa Sofia in moschea ha detto che “non importa se sei musulmano, cristiano o ebreo, tutti possono andare in moschea, come ha ricordato il presidente Recep Tayyip Erdogan”.

La Diyanet, la direzione per gli Affari religiosi della Turchia, senza entrare nei dettagli ha annunciato che Santa Sofia rimarrà aperta ai visitatori al di fuori degli orari della preghiera islamica, cinque volte al giorno. Mentre il ministro degli Esteri di Ankara Mevlut Cavusoglu ha ribadito che la Turchia non accetta le critiche mosse dall'Unione Europea rispetto alla sua decisione di riconvertire Santa Sofia in moschea. ''La Turchia respinge le parole di condanna usate dalla Ue per il fatto di aver riportato Hagia Sophia a essere una moschea'', ha detto Cavusoglu. ''In Spagna ci sono alcune moschee che sono state convertite in chiese'', ha aggiunto.

PRESENZA IN LIBIA - Rispondendo ai giornalisti, l'ambasciatore Esenli ha poi spiegato che ''la Turchia si trova in Libia in base a quanto prevede la Risoluzione 2259 del Consiglio di sicurezza dell'Onu'', che a sua volta chiede a ''tutti i membri delle Nazioni Unite di sostenere il Governo di accordo nazionale di al-Serraj''.

"NESSUN LEGAME CON MERCENARI"- La Turchia non è presente in Libia con mercenari. Esenli ha ribadito che la presenza turca è ''nel rispetto della legge''. I mercenari presenti in Libia, ha proseguito, provengono da ''Sudan, Ciad, Siria''. E la Turchia ''non ha alcun controllo su di loro'', come invece vuole far credere una certa ''campagna diffamatoria''.

''Quello che noi stiamo facendo in Libia è sostenere il Governo di accordo nazionale'', ha detto Esenli, aggiungendo che la Turchia ''crede che non ci possa essere una soluzione militare alla crisi in Libia e che si debba arrivare a una soluzione pacifica della crisi, che è la stessa che si aspettano tutti i libici. Purtroppo il ruolo di Haftar è molto negativo''. Il generale a capo dell'autoproclamato Esercito nazionale libico ''ha cercato di prendere il controllo di Tripoli'' e lo avrebbe fatto ''se non avessimo dato il nostro sostegno al Gna'' ha aggiunto.

Il generale Khalifa Haftar ''sta usando il petrolio per negoziare'' ha detto l'ambasciatore della Turchia a Roma, definendo ''fluttuante'' la situazione degli impianti petroliferi in Libia. La Turchia ''auspica che Haftar non abbia un ruolo nella gestione dei giacimenti petroliferi''. Ankara, ha proseguito il diplomatico, ritiene opportuno che ''le compagnie petrolifere siano operative sotto il controllo della Noc'', la National oil corporation.

"FRANCIA, EMIRATI, EGITTO VIOLANO EMBARGO ARMI" - Per Esenli, la Francia, l'Egitto e gli Emirati Arabi Uniti ''stanno violando l'embargo sulle armi alla Libia'' e stanno facendo ''un gioco pericoloso''. La Turchia, ha sottolineato, ''non è in una posizione ambigua. Noi siamo dalla parte della comunità internazionale e ne rispettiamo le leggi. Quelli ambigui sono gli altri, non vogliamo cadere nella loro trappola''.

"CONDIVIDIAMO ESPERIENZA IN LOTTA A CRIMINE" - ''Con l'Italia, la Turchia intende condividere l'esperienza maturata nella lotta all'organizzazione terroristica Feto'' ha poi dichiarato l'ambasciatore in occasione del quarto anniversario del tentato golpe del 15 luglio del 2016. Quel giorno ''tutti hanno compreso la vera natura di quella organizzazione'', Feto, che ''usava canali caritatevoli'' e ''ha cercato di aumentare la sua influenza attraverso il processo politico ed economico sfruttando tutti gli ambiti della società, dai mezzi di informazione all'istruzione''. Un dato che per Esenli dimostra la comprensione internazionale della lotta compiuta dalla Turchia nei confronti dell'organizzazione guidata da Fetullah Gulen è il fatto che ''120 membri di Feto sono stati estradati in Turchia da 20 Paesi''.

Il diplomatico ha quindi affermato che ''tutte le nostre azioni prese nei confronti di Feto si basano sulla legge e sul rispetto del diritto umanitario'' e ha espresso il desiderio di ''condividere la nostra esperienza con gli altri Paesi che potrebbero essere colpiti da Feto''. L'Italia in particolare, in quanto anch'essa ha una ''enorme esperienza nella lotta alle organizzazioni criminali'', ha dichiarato Esenli citando ad esempio ''mafia e traffico di esseri umani''. Proprio per questo ''l'Italia capisce la Turchia meglio di altri''.

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