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Giovanni Verga, scoperto 'Frine' romanzo giovanile

03 luglio 2023 | 14.53
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Il protagonista è un giovane pittore catanese e 'provinciale' (Luigi Deforti), che conosce a Firenze la cortigiana Eva Manili che ostenta doti di pittrice dilettante e che man mano rivela le sue vere caratteristiche di cinismo

Giovanni Verga, scoperto 'Frine' romanzo giovanile

Un giovane pittore catanese e 'provinciale' (Luigi Deforti) conosce a Firenze la cortigiana Eva Manili che ostenta doti di pittrice dilettante e che man mano rivela le sue vere caratteristiche di cinismo e interesse. Il giovane, irretito dalla donna, abbandona i suoi ideali artistici e, per rivalità con il conte di Fontanarossa, diventa prima baro poi spadaccino. Tornerà in Sicilia malato e deluso, ma in verità non ancora effettivamente 'sanato' dall'illusione che arte e amore possano non entrare in contraddizione: è questa, in sintesi, la trama di "Frine", inedito romanzo giovanile dello scrittore Giovanni Verga (1840-1922), tornato alla luce grazie alle ricerche e agli studi di Lucia Bertolini, professore ordinario di Filologia della Letteratura italiana nell'Università eCampus. La studiosa pubblica il testo e ne illustra la storia nel quarto volume dell'Edizione nazionale delle opere di Giovanni Verga, pubblicato da Interlinea. Il volume comprende anche l'edizione del successivo e ben noto romanzo "Eva".

Il romanzo - che è intitolato "Frine" nell'unico autografo conservato - è rimasto inedito fino ad oggi e il manoscritto fa parte del materiale sequestrato nel 2012 a seguito della controversa vicenda delle "carte verghiane": a tutt'oggi non è consultabile direttamente ma se ne conserva una buona copia microfilmata presso il Fondo Mondadori dal quale Lucia Bertolini lo ha trascritto per l'edizione critica.

Verga cominciò a scrivere "Frine" dopo il primo brevissimo soggiorno fiorentino (fra il maggio e giugno del 1865), intorno ai 25 anni, ma continuò a lavorarci per un arco di tempo difficile da determinare con sicurezza sottoponendolo in lettura ad amici-lettori (probabilmente Antonio Abate e Niccolò Niceforo), i cui suggerimenti sono appuntati sulle carte del manoscritto. Di certo Verga doveva immaginare che esso fosse concluso nel 1869, quando lo propose per la stampa all'editore Emilio Treves; e dopo il rifiuto dell’editore milanese il romanzo rimase nel cassetto.

Il titolo originario di "Frine" (che alludeva all'etera amante di Prassitele, ma nel 1869 il romanzo aveva preso il nuovo titolo di "Eva" (lo stesso del più noto romanzo riscritto nel 1873); il che ha creato parecchie confusioni nella bibliografia passata: per questo nell’introduzione del volume uscito adesso per Interlinea Lucia Bertolini ha spesso adottato l'etichetta di "Frine-Eva" per indicare l'inedito in quelle fasi della sua storia elaborativa nelle quali per certo il titolo era ormai stato cambiato.

Nel passaggio da "Frine" al romanzo "Eva" effettivamente pubblicato nel 1873 rimangono intatti l'ambientazione fiorentina, il protagonista (in entrambi i casi un giovane pittore catanese), la storia d'amore che resta comunque centrale, alcune strategie narrative ricorrenti nel giovane Verga, ma la storia che va a stampa con "Eva" del 1873 è completamente riscritta a vantaggio di una maggiore verosimiglianza del contesto socio-economico in cui la storia si inscrive.

In "Eva" la protagonista femminile (Eva, senza cognome!) non è più una cortigiana da romanzo settecentesco, ma una ballerina del Teatro La Pergola di Firenze, viva e vera, tanto ingenua e candida, quanto cinica per necessità, succube anche lei - come il protagonista maschile (che ora si chiama Enrico Lanti) - della moderna "società delle Banche e delle Imprese industriali". La storia di "Eva", privata dei colpi di scena e delle passioni parossistiche che "Frine" desumeva dal genere del romanzo d'appendice, è condotta - spiega Lucia Bertolini all'Adnkronos - "con una coscienza delle risorse della scrittura che segna una netta maturazione dello scrittore, e che risulta tanto più avvertibile nel confronto ora possibile fra le due stesure".

(di Paolo Martini)

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