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Arte: a Mantova l'Unione Sovietica rivive in 'Guardando all'Urss'

26 aprile 2015 | 16.48
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L'esposizione sarà allestita a Palazzo Te dal 30 maggio al 4 ottobre. "Abbiamo lavorato alla ricerca di un filo rosso che si dipana e si ritrova nella consapevolezza che parlare di realismo socialista in Italia, dalla nostra prospettiva, significa rileggere la nostra cultura e anche metterla un po’ in crisi", spiega la curatrice Vanja Strukelj

Arte: a Mantova l'Unione Sovietica rivive in 'Guardando all'Urss'

Per la prima volta a Mantova un progetto espositivo che indaga le relazioni, gli scambi, gli sguardi incrociati' tra arte italiana del secondo dopoguerra e arte sovietica del realismo socialista, riflettendo su affinità elettive e divergenze culturali e linguistiche, in una mostra di grande respiro internazionale e ricca di documenti, video e fotografie, manifesti e libri, poco o per nulla conosciuti al pubblico. E' 'Guardando all'Urss. Realismo socialista in Italia dal mito al mercato', la mostra allestita dal 30 maggio al 4 ottobre alle Fruttiere di Palazzo Te.

L'esposizione riconduce il visitatore agli anni della contrapposizione politica tra comunisti e democristiani, quelli di don Camillo e Peppone, di 'Dio ti vede e Stalin no'. Agli anni in cui per metà degli italiani l’Urss era il mito, il paradiso della giustizia sociale, mentre era il demonio per l’altra metà. Gli anni in cui grandi intellettuali italiani (Levi, Calvino, Moravia tra i tanti) compivano il loro pellegrinaggio laico a Mosca. Gli anni in cui lunghe code si formavano all’Hermitage per ammirare Guttuso.

Al centro della proposta c'è la riflessione sull’immagine mitica dell’Urss nell’Italia del secondo dopoguerra e sul ruolo assunto dall’iconografia realista nella sua diffusione. Due gli ambiti scelti dal progetto per indagare questa vicenda ancora inedita e affascinante: da un lato l’iniziativa del Premio Suzzara, voluto da Dino Villani e dal sindaco comunista Tebe Mignoni con Cesare Zavattini e destinato, dal 1948 per quasi trent’anni, a far riflettere sul linguaggio realista e sul tema del lavoro.

Attenzione alle opere e degli artisti proposti nei Padiglioni sovietici alle Biennali veneziane

Gli artisti partecipanti e premiati (da Guttuso a Zigaina, da Gorni a Borgonzoni, da Mucchi a Pizzinato, da Fabbri a Sughi, solo per fare alcuni nomi) introducono il tema del ruolo dell’arte figurativa all’interno della politica culturale del Pci. Una seconda sezione della mostra si propone di ricostruire l’immagine dell’Urss in Italia nel secondo dopoguerra, con uno sguardo particolare rivolto alla ricostruzione delle opere e degli artisti proposti nei Padiglioni sovietici alle Biennali veneziane nel 1934 e dal 1956 agli anni Settanta. Grazie ai prestiti della Galleria Tret’jakov, in mostra saranno presenti opere di Nikolaj Andreev, Aleksandr Dejneka, Sergej Gerasimov, Vera Muchina, Pëtr Koncalovskij, Grigor’evic Nisskij, Viktor Popkov.

"Parlare del mito dell'Urss in Italia nel secondo dopoguerra - afferma Vanja Strukelj, curatrice della mostra mantovana con Ilaria Bignotti e Francesca Zanella - significa sollevare il coperchio su un mondo complesso nei linguaggi e nei significati, impossibile da risolvere in una mostra e in una pubblicazione, ma al quale, finalmente e senza falsi miti o negazioni, si vuole guardare".

"Innanzitutto - continua - abbiamo cercato di restringere il campo della nostra ricerca a un territorio rigorosamente storico artistico, focalizzando l’attenzione sulla ricezione del realismo socialista sovietico in Italia, inquadrandolo in un contesto di scambi e rapporti culturali. In questo quadro d'insieme un aspetto che è emerso in tutta la sua complessità è quello del viaggio in Urss e dei resoconti di viaggio, che nel corso degli anni Cinquanta costruiscono un'immagine mitica e allo stesso tempo fortemente stereotipata di luoghi, contesti sociali, linguistici, culturali".

La curatrice, parlare di realismo socialista in Italia significa rileggere la nostra cultura e anche metterla un po’ in crisi

"Ci siamo chiesti: che cosa avevano visto gli artisti italiani nei loro viaggi in Unione Sovietica? Chi avevano incontrato, di cosa avevano dialogato, cosa avevano portato di sé, cosa avevano ritrovato? Abbiamo provato a rispondere - sottolinea Strukelj - attraverso il metodo del confronto interdisciplinare, con lo spoglio di archivi, la visione di film d’epoca, la rilettura di racconti e di resoconti di viaggio, guardando a manifesti, cartoline, sfogliando i rotocalchi. Poi il fenomeno collezionistico, qui documentato da prestiti privati: testimonianza di una cultura d'immagine, di una retorica visiva, di una modalità di racconto della realtà sovietica che rivela forti persistenze, un linguaggio fortemente codificato che viene riproposto, tra copie e riedizioni, per tutti gli anni Ottanta".

"L'altro fronte su cui abbiamo lavorato - racconta Strukelj - è quello delle esposizioni: ripercorrendo le sale dei Premi suzzaresi e delle Biennali veneziane, certi del confronto fertile tra una manifestazione solo apparentemente di periferia e l’altra ufficiale e internazionalmente riconosciuta".

"Abbiamo lavorato - conclude la curatrice - alla ricerca di un filo rosso che si dipana e si ritrova nella consapevolezza che parlare di realismo socialista in Italia, dalla nostra prospettiva, significa rileggere la nostra cultura e anche metterla un po’ in crisi. Ma non è forse questo il compito di una mostra e di una pubblicazione che vogliano dare un vero contributo all’oggi?".

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