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Mostre: da Elena a Cassandra, le donne di Rossella Leone ad Acireale

09 marzo 2017 | 13.01
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(foto Fabrizio Stipari)
(foto Fabrizio Stipari)

Elena, Ecuba, Cassandra, Fedra, fino all'istallazione 'Ercole e l'amazzone'. Opere che alludono al mito ma che affondano nel 'travagliato' femminile di sempre. A Rossella Leone la Galleria Credito Siciliano di Acireale dedica una mostra, per la prima volta a un'artista donna, e l'ha inaugurata ieri, proprio nella giornata dedicata alla Festa della Donna. Leone è un'artista che vive e lavora a Palermo e che dalla seconda metà degli anni ottanta si è distinta per una sua originale ricerca estetica, grazie all'uso della carta manualmente fabbricata, dallo stato informe di polpa al foglio: carta che non è più soltanto supporto ma vero e proprio materiale pittorico, plasmabile al limite del bassorilievo e della scultura.

Il suo lavoro, in cui indubbiamente si riflette il suo essere architetto, spazia dalle arti visive al teatro, con installazioni, azioni scenico-musicali, performances, scene e costumi realizzati per importanti produzioni di teatri lirici sia in Italia che all'estero. Nelle opere di Rossella Leone, siano esse pittoriche o scultoree, in carta, pietra, resina o vetro, emerge sempre il forte rapporto tra arte e architettura, a cominciare dal corpo stesso dell'opera. In forma di pensiero (2002), vincitrice del concorso internazionale per la Nuova Pretura di Palermo, e Il giardino di San Francesco al Cenacolo di Monte Sion a Gerusalemme per la Custodia di Terrasanta (2014), evidenziano il forte equilibrio fra architettura, ambiente e opera che è alla base del lavoro di ricerca dell’artista.

A questi temi Leone ha dedicato anche un intenso impegno parallelo, attraverso pubblicazioni e convegni, per promuovere un più consapevole rapporto tra arte, architettura e città, e per la riqualificazione dell'arte pubblica. L'esposizione propone una nutrita selezione di opere che ripercorrono più di trent’anni d’attività. Per comprendere appieno il complesso lavoro dell’artista bisogna spingersi oltre le tradizionali categorie estetiche, in un dualismo tra passato e presente, nei diversi cicli sviluppati, dai dittici o trittici delle grandi Pitture introspettive alle Partiture afone, dai Talami ai grandi Muri e ai Canopi urbani, dalle laceranti e “seducenti” lesioni vive e in costante divenire nella materia impiegata, fino alle opere più recenti che affondano nell'estetica dell'orrore, inevitabilmente scaturita dall'assuefazione alle drammatiche vicende della contemporaneità.

Nelle partiture afone, realizzate in carta o marmo, la ripetizione e le vibrazioni chiaroscurali prodotte da forme e rilievi, creano un ritmo percettivo assimilabile a una vera partitura musicale. Partitura afona, che soltanto la percezione visiva del singolo fruitore, potrà trasformare in intima sonora musicalità. Non di rado compositori hanno lavorato in parallelo con Rossella Leone in azioni scenico-musicali come Paolo Aralla o hanno tradotto sue partiture afone in musica come Thierry Bongarts Lebbe.

Elena, Narciso, Ecuba, Cassandra, l'installazione Fedra, del ciclo dei Talami, alludono al mito ma in realtà affondano nel “travagliato” femminile di sempre. Così anche nell'installazione Ercole e l'amazzone che ugualmente recupera il mito, riproponendo una variegata serie dell’omonima metopa del Museo Archeologico di Palermo, per riflettere sull'attualità della violenza sulle donne. 'Norma' di Vincenzo Bellini (co-produzione Teatro Bellini di Catania e Landestheater di Salisburgo), 'Maria de Buenos Aires' di Astor Piazzolla (Teatro Massimo di Palermo) e le carmelitane di 'Dialogues des Carmelites' di Francis Poulenc (StaatsOper di Stoccarda), sono tra le donne che Rossella Leone ha incontrato nel teatro musicale, curandone i costumi.

Una selezione di alcuni bozzetti sarà in mostra per raccontare anche quale, secondo l'artista, è il ruolo dell'abito di scena. La mostra è corredata da un catalogo con un testo critico sull’opera generale di Rossella Leone, a cura di Davide Lacagnina, e un testo sul suo impegno teatrale a cura di Giuseppe Paternò di Raddusa.

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