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Antonio Mancini, terzo romanzo in arrivo per 'Accattone'

25 agosto 2017 | 13.17
LETTURA: 4 minuti

Antonio Mancini (Adnkronos)
Antonio Mancini (Adnkronos)

"Io ci sto lavorando giorno e notte, è questione di mesi. Ora stiamo promuovendo 'Qualcuno è vivo', di cui il mio prossimo romanzo sarà il sequel molto ma molto più duro". Così Antonio Mancini, l'Accattone della Banda della Magliana, anticipa all'Adnkronos l'uscita del suo prossimo romanzo: "I tre secondi soltanto" che sarà edito, come il precedente, da Ventura Edizioni, a cui è passato dopo aver pubblicato con Rizzoli "Con il sangue agli occhi", scritto a quattro mani con Federica Sciarelli ("la mia maestra, è lei che mi ha insegnato a scrivere").

"I tre secondi soltanto" sarà quindi il sequel di "Qualcuno è vivo" e partirà proprio da dove abbiamo lasciato il protagonista, Giancarlo Balestra, alter ego di Nino Mancini, come lui nato nella borgata romana di San Basilio e alle prese con le stesse avventure malavitose.

Per il momento l'ex della Banda della Magliana e collaboratore di giustizia, che oggi oltre alla scrittura è impegnato come accompagnatore di disabili a Jesi, sta promuovendo il suo ultimo romanzo e nel corso delle presentazioni ai ricordi personali alterna stoccate, 'pettegolezzi' come li chiama lui, e lo fa con quella verve romanesca che lo caratterizza. Ce n'è un po' per tutti. "Massimo Carminati? È il figlio della borghesia. Non ha saputo cogliere il vento del cambiamento. Lui, come altri, non ha capito niente della pozzanghera di sangue che avevamo creato". E poi scommette con il pubblico arrivato (numeroso) ad ascoltarlo alla Rotonda di Senigallia in uno degli incontri della rassegna letteraria "Ventimila righe sotto i mari". "Facciamo una scommessa - incalza - scommettiamo che Carminati non si farà più di 5 anni di carcere?".

A Giancarlo De Cataldo non perdona di aver raccontato in Romanzo Criminale il suo personaggio come un analfabeta che definisce Pasolini 'un frocio'. Per questo Mancini, che dice di essersi guadagnato il soprannome di Accattone "proprio per l'ammirazione che ho sempre avuto per Pasolini", racconta di aver scritto una dura lettera al magistrato scrittore.

"Quella cosa non l'ho mandata giù. Io vengo da una borgata dove eravamo tutti 'diversi'". Ma il suo 'scontro' con De Cataldo un merito ce l'ha, visto che Mancini si è messo a scrivere "per contrapposizione a De Cataldo, ho pensato: 'adesso gli faccio vedere io come si scrive un libro sul crimine'". E a "scrivere ho imparato da Federica Sciarelli".

E poi il caso Orlandi. Qualcosa, lo dice anche su questo. "Se i pentiti parlano poco - dice Mancini - è perché sanno che più alzano il tiro più diminuisce la possibilità di uscirne fuori vivo. Questo vale anche per il caso Orlandi. Sono convinto che mi porteranno al processo ma io non ho problemi perché so quello che dico", sottolinea riferendosi all'ipotesi del coinvolgimento della Banda nella vicenda.

Banda della Magliana che segna indelebilmente il passato di Mancini continuamente rievocato nei suoi romanzi e nelle interviste. Troppo facile? Mica tanto. "Il passato non intendo dimenticarlo. Con i miei fantasmi ci ho vissuto e ci ho vissuto male - dice Mancini - adesso un po' ci ho fatto pace ma con le cose peggiori ci faccio ancora i conti". Però, come dice lui: "Dove sta scritto che chi nasce tondo non può morire quadro?". E se lui è diventato 'quadro' lo deve alla letteratura.

Una curiosità per chi ha amato il suo ultimo romanzo "Qualcuno è vivo": esiste una pagina FB com lo stesso titolo libro che raccoglie, oltre a commenti e recensioni, le testimonianze e i ricordi di chi viveva a San Basilio ai tempi di Nino.

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