Il Senato, con il via libera di oggi pomeriggio al disegno di legge Boschi che ha ottenuto 179 sì, 17 no e 7 astenuti, fa un passo decisivo verso l' addio al bicameralismo perfetto o 'paritario'. Il ddl torna alla Camera per il recepimento delle modifiche apportate, e poi vi sarà la fase della seconda deliberazione di entrambi i rami del Parlamento.
La riforma prevede che il rapporto politico basato sulla fiducia è prerogativa della Camera dei deputati (così come solo la Camera delibera lo stato di guerra, e solo i deputati rappresentano la Nazione), il Senato della Repubblica rappresenterà le autonomie territoriali e sarà composto da 95 eletti dai consigli regionali, oltre a 5 di nomina del Presidente della Repubblica (non più a vita, ma per sette anni). I futuri componenti di palazzo Madama manterranno l'immunità parlamentare.
Il Senato partecipa paritariamente alla legislazione di rango costituzionale (e in materia di legge elettorale, referendum, ratifiche), mentre sulle leggi ordinarie la Camera potrà non tenere in conto le sue richieste. Quanto alla legge di bilancio e al rendiconto dello Stato è la Camera dei deputati che li approva e il Senato li esamina ma può solo deliberare proposte di modifiche entro quindici giorni dalla data della trasmissione.
Su leggi ordinarie che incidono sul rapporto tra Stato e regioni, Montecitorio potrà rigettare le istanze del Senato a maggioranza assoluta. Sul piano più generale, viene riformato anche il Titolo V della Costituzione: allo Stato tornano le competenze esclusive in materia energia, infrastrutture e protezione civile.
Sul piano dell'attività di governo, l'esecutivo potrà contare su tempi certi di approvazione dei disegni di legge, e in questo senso andranno modificati i Regolamenti parlamentari, ma non potrà più fare ricorso ai cosiddetti decreti-omnibus. Il Capo dello Stato sarà eletto dai senatori e dai deputati: nei primi tre scrutini saranno necessari i due terzi dei componenti, poi dal quarto si scende ai tre quinti; dal settimo scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.
Altra novità sostanziale riguarda i referendum: le firme necessarie per poterlo proporre salgono a 800mila, anziché 500mila, e sarà valido solo se avranno votato la metà degli elettori nelle elezioni politiche precedenti. Sale il numero delle firme anche per le leggi di iniziativa popolare: ne serviranno 150mila, anziché 50mila. Un'istituzione abolita del tutto è il Cnel. L'intera riforma, quando avrà completato il suo iter con la doppia deliberazione, sarà sottoposta a referendum confermativo nel 2016.