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Arte: i segreti di Qusayr ‘Amra svelati dai restauratori italiani

22 ottobre 2014 | 16.34
LETTURA: 3 minuti

Grazie agli esperti dell'Iscr individuato il committente degli affreschi presenti nel complesso monumentale giordano e identificata la figura del profeta Giona.

Uno dei magnifici affreschi  di Qusayr 'Amra
Uno dei magnifici affreschi di Qusayr 'Amra

Si è aperto oggi a Roma nella Sala Conferenze Iscr il Convegno Internazionale “The Colours of the Prince. Conservation and Knowledge in Qusayr ‘Amra”, organizzato dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr). Tra le personalità giordane e italiane che hanno aperto i lavori anche la principessa giordana Wijdam Bint Fawaz Al Hashemi.

Nel corso delle giornate di oggi e di domani saranno presentati i risultati del progetto di conservazione e restauro che l’Iscr conduce dal 2011 in collaborazione con il Dipartimento delle Antichità del Regno di Giordania (Doa) e il World Monuments Fund (Wmf), presso il complesso monumentale di Qusayr 'Amra in Giordania, risalente all’epoca dei califfi della dinastia Omayyade (VIII secolo d.C.) e inserito dal 1985 nella lista del Patrimonio Mondiale Unesco e dal 2008 tra i cento siti a rischio del Wmf.

Qusayr ‘Amra (il cui nome significa “piccolo castello”) è un palazzo con annesso impianto termale facente parte dei cosiddetti “castelli nel deserto”, costruiti dai califfi e dai principi omayyadi (nel periodo che va dal 671 al 750 d.C.) nella regione desertica compresa tra Siria, Giordania e Palestina, la cui edificazione è legata al controllo delle vie commerciali e delle risorse idriche.

Scoperto il nome del committente degli affreschi

Il team dell’Iscr ha lavorato in particolare sui famosi dipinti murali che hanno un’estensione totale di quasi 380 metri quadrati. Essi rappresentano scene di corte e attività di piacere, scene di caccia, donne danzanti, artigiani al lavoro, un sovrano in trono e sei figure regali. Queste decorazioni costituiscono una preziosa testimonianza delle origini dell’arte islamica essendo l’unico ciclo pittorico figurativo di datazione così alta, ben conservato e ancora in situ. Sono stati ad oggi restaurati circa 100 metri quadrati della superficie dipinta.

Il restauro delle pitture murali, rese quasi illeggibili da decenni di fuliggine, polvere e sostanze chimiche usate in precedenti restauri, ha restituito al ciclo pittorico inaspettati colori vibranti, rivelando altresì aspetti e dettagli iconografici fino ad oggi sconosciuti e di estrema importanza, che consentono di gettare nuova luce sia sulla tecnica esecutiva che sull’interpretazione del ciclo pittorico e sulla sua committenza. Gli interventi, ad esempio, hanno reso leggibile l’iscrizione in arabo cufico posta sulla finestra della parete sud.

Le informazioni che se ne ricavano sono di notevole importanza per datare con sicurezza questo ciclo pittorico, unico sopravissuto di questa epoca nel mondo islamico. Una porzione della scritta in caratteri cufici, riporta infatti un’invocazione ad Allah: “Allahumma aslih al-Walid ibn Yazîd” (Oh Dio! Rendi al-Walîd ibn Yazîd virtuoso), rivelando il nome del committente di questa straordinaria opera.

Individuata la figura del profeta Giona

Il committente svelato è quindi Walid Ibn Yazid, o Walid II, califfo Omayyade che regnò per poco più di un anno da febbraio 743 all’aprile 744 d.C. L’assenza nell’iscrizione della formula usata per i califfi omayyadi sembra indicare che i dipinti siano stati realizzati durante il lungo periodo in cui Walid era principe ereditario e non califfo, vale a dire durante il regno di Hisham bin Abd el-Malik (723-743 d.C).

La pulitura della superficie dei dipinti ha inoltre rivelato la presenza all’interno del ciclo della figura del profeta Giona, presente in diverse scene, confermando un’ipotesi interpretativa fino ad oggi solo avanzata da alcuni studiosi.

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