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Cinema: Annaud nella lontana Mongolia con 'L'ultimo lupo'

Il film, dal 26 marzo al cinema (guarda il trailer), è tratto dal romanzo fenomeno letterario di Jiang Rong. Il regista: "Chen Zhen catapultato in piena campagna nel 1967 mi ha ricordato il giovane uomo che ero stato io". Il costo per girare in 3D "è enorme" ma "mi sono reso conto che le scene del cucciolo di lupo ne avrebbero giovato".

Una scena del film
Una scena del film
23 marzo 2015 | 11.50
LETTURA: 7 minuti

Chen Zhen è un giovane studente di Pechino che viene inviato nelle zone interne della Mongolia all'interno di una tribù nomade di pastori. A contatto con una realtà diversa dalla sua, Chen scopre di essere lui quello che ha molto da imparare sulla comunità, sulla libertà ma specialmente sul lupo, la creatura più riverita della steppa. Sedotto dal legame che i pastori hanno con il lupo e affascinato dall'astuzia e dalla forza dell'animale, Chen un giorno trova un cucciolo e decide di addomesticarlo. Il forte rapporto che si crea tra i due sarà minacciato dalla decisione di un ufficiale del governo di eliminare, a qualunque costo, tutti i lupi della regione. (Guarda le foto)

Con 'L'ultimo lupo', dal 26 marzo al cinema, Jean-Jacques Annaud a oltre 25 anni da 'L'orso' riporta sul grande schermo la natura, il rapporto dell'uomo con essa e con chi abita luoghi lontani come la lontanissima Mongolia Interna. La storia è tratta dal bestseller 'Il totem del lupo' di Jiang Rong. "E' stato un fenomeno letterario sconvolgente in Cina - sottolinea il regista de 'Il nome della rosa' e 'Sette anni in Tibet' - uscito nel 2004, scampato alla censura. Il suo libro autobiografico si svolgeva nella lontanissima Mongolia Interna, nel 1967, all’inizio della rivoluzione culturale".

"Le autorità non ci hanno fatto praticamente caso, se non fosse che la storia ha riportato alla luce molte cose - aggiunge Annaud - Il percorso d’iniziazione di un giovane alla scoperta della campagna remota e la sua conversione alla vita da nomade in un luogo così selvaggio, avevano, decenni dopo, una risonanza particolare in un paese, come la Cina, alle prese con dei terribili problemi ambientali e con l’inquinamento.

L’uscita del romanzo è stata insomma come una presa di coscienza del pericolo ambientale… "L’impatto sulla società è stato colossale. Il totem del lupo è diventato il successo letterario più importate dopo il 'Libretto rosso' di Mao. I lettori hanno scoperto l’esistenza dei questi luoghi magnifici e puri della Mongolia Interna, che oggi è fortemente minacciata", dice il regista che rivela come "il giovane studente Chen Zhen catapultato in piena campagna nel 1967 mi ha ricordato il giovane uomo che ero stato io in quello stesso anno, quando partii alla scoperta del Camerun e mi approcciavo a girare il mio primo film, 'Bianco e nero a colori'", rendendosi poi conto che "i temi sviluppati ne 'Il totem del lupo' mi erano familiari".

Annaud racconta di essere stato "accolto a braccia aperte. Con i miei attori e la troupe si è creato un bellissimo rapporto. Ho lavorato con grande libertà". E di come non ci siano tati problemi di comunicazione visto che "su un set tutti parliamo la stessa lingua: la lingua del cinema". Alcune sequenze hanno una grandezza dantesca in termini di comparse, animali, azioni e scenografia. Il budget si aggira intorno ai 40 milioni di dollari, una grossa somma tradotta in moneta cinese. "Ho avuto la fortuna di beneficiare della volontà dell’industria cinematografica cinese di migliorarsi e di elevarsi di livello", afferma.

Per quanto riguarda le macchine con cui ha girato, dopo aver avuto a che fare con telecamere 3D "mal messe" e "nessuno sapeva come utilizzarle", in un secondo momento sono state messe a disposizione del regista "due telecamere nuove di zecca provenienti da Monaco" e "una quindicina di persone, componenti della squadra di regia, appena tornati dalla Germania dove avevano seguito un corso per l’utilizzo delle telecamere. Un anno dopo la squadra regia è diventata la più preparata con la quale io abbia mai lavorato".

'Costo per girare in 3D enorme, ma mi sono reso conto che le scene del cucciolo di lupo ne avrebbero giovato'

Il costo per girare in 3D "è enorme, si spende circa 1/3 del budget in più. Ho esitato a lungo. Quello che mi ha convinto a utilizzarlo la sorprenderà: mi sono reso conto che erano le scene riprese da vicino del cucciolo di lupo che ne avrebbero giovato veramente", sottolinea il regista aggiungendo: "Credevo che fossero le scene più spettacolari che avevano beneficiato di più dell’utilizzo del 3D…". Perché "è quando la telecamera si avvicina al viso, quando cattura l’emozione degli attori che la stereoscopia dà qualcosa in più".

Sul set c'erano 480 tecnici, 200 cavalli, circa un migliaio di pecore, 25 lupi e una cinquantina di addestratori e massaggiatori che si occupavano di loro. Ma come si fa a far correre in parallelo lupi e cavalli, senza che ai primi venga voglia di azzannare i secondi? "I lupi adorano la carne di cavallo e i cavalli non hanno alcuna voglia di fargli da spuntino. Queste scene sono state davvero complicate da girare e molto pericolose perché giravamo in movimento, di notte, su dei quod instabili e in piena tempesta di neve… Andrew Simpson, l’addestratore capo, non avrebbe mai lasciato che i suoi animali corressero i rischi che abbiamo corso noi!", dice ancora Annaud.

Ci sono voluti tre anni per girare la prima scena. "Abbiamo utilizzato lo stesso processo fatto per 'L’Orso'. Durante l’addestramento dei cuccioli di orso, avevo avuto il tempo di girare 'Il nome della rosa' - sottolinea il cineasta francese - Aspettando che i nostri lupi crescessero ho girato invece 'Il principe del deserto'. Bisognava prendere dei cuccioli di lupo, farli crescere all’interno di parchi costruiti appositamente per il loro sviluppo, sotto una sorveglianza costante. Conosco pochi produttori che sarebbero stati disposti a fare questo salto nel buio".

I protagonisti, come 'i grandi attori spesso sono incontrollabili, deconcentrati, affascinanti ed emotivi'

Quanto ai protagonisti a quattro zampe, come "i grandi attori spesso sono incontrollabili, deconcentrati, affascinanti ed emotivi. A volte invece sono adorabili, come il nostro capo branco, il re Cloudy, a cui ho affidato il ruolo principale", racconta Annaud sottolineando come questo lupo "aveva deciso che ero suo amico, potevo accarezzarlo e ogni mattina mi saltava addosso leccandomi il viso. Un privilegio raro. La regina Silver, la sua compagna, metteva fine alle nostre effusioni tirandomi i pantaloni e tirandomi i capelli".

La terra, i paesaggi ancora una volta sono quasi primordiali. "La verginità degli spazi è uno degli elementi fondamentali del film. Lo splendore della steppa è lo scrigno del lupo della Mongolia, il simbolo eroico e selvaggio della vita selvaggia - dice ancora - Massacrando la vita degli altri ci stiamo avvicinando a un epilogo tragico".

L’ultimo lupo è il tredicesimo film del regista francese ma a sentirlo parlare sembrerebbe che la sua fame di cinema non sia mai svanita. "Questo viaggio incredibile è stato talmente divertente, diverso, ricco e caloroso … avrei voluto che durasse di più ma, questo film, che mi è piaciuto così tanto scrivere e mettere al mondo, sarà come tutti gli altri. Avrà una sua vita. Mi lascerà solo sul binario del treno. Ci vorranno settimane o mesi forse per organizzare il prossimo progetto", conclude Annaud.

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