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Crisi: non solo cervelli in fuga, è lavoro che va dove sta talento

25 gennaio 2016 | 13.37
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Crisi: non solo cervelli in fuga, è lavoro che va dove sta talento

Mentre le persone continuano a spostarsi dove ci sono lavoro e opportunità, ora sono anche i lavori che si stanno 'spostando' dove ci sono talenti. Alcuni paesi, infatti, hanno cominciato ad attirare l'attenzione degli investitori internazionali a fronte della disponibilità di talento creativo a costo ragionevole: Cina, Corea del Sud, Filippine e Vietnam nella regione Asia-Pacifico; Malta, Slovenia, Cipro e Moldavia nella regione europea; Turchia, Giordania e Tunisia nella regione Mena; e Panama in America Centrale.

E' quanto emerge dal 'Global Talent Competitiveness Index (Gtci)' 2015-16, studio pubblicato da Insead, istituto di direzione aziendale internazionale, e fondato sulla ricerca condotta in collaborazione con Adecco Group e Hcli (Human Capital Leadership Institute di Singapore).

"La mobilità è diventata un ingrediente chiave dello sviluppo di talenti: trascurando di incoraggiare mobilità internazionale e 'circolazione dei cervelli', il talento creativo non raggiungerà la fase di pieno sviluppo. Il dibattito sulla migrazione deve passare da emozioni a soluzioni: adottando una prospettiva orientata al talento, gli Stati trarranno vantaggio dalla gestione della circolazione delle persone", si avverte.

E le 'pratiche di gestione' fanno la differenza in termini di capacità di attirare i talenti: oltre agli incentivi economici e al tenore di vita, un'altra discriminante importante nella capacità di attirare i talenti, infatti, è la professionalità della gestione e l'investimento nello sviluppo dello staff.

Non solo. "I lavoratori non qualificati continuano a essere sostituiti da robot, mentre gli algoritmi determinano la delocalizzazione dei lavoratori della conoscenza: mentre la tecnologia e altri fattori continuano a ridefinire la mobilità, i lavoratori della conoscenza - si evidenzia - ne subiscono le conseguenze e tale evoluzione segnala la possibile delocalizzazione di interi settori di attività. Alcuni potrebbero dover lavorare virtualmente da casa per diversi datori di lavoro, mentre altri saranno costretti a riqualificarsi e trasferirsi lontano per trovare lavoro".

"In un mondo caratterizzato dalla circolazione di talenti, città e regioni - si rimarca - rivestono un ruolo sempre più importante nella gara per aggiudicarsi il talento globale: agilità e branding delle città sembrano essere discriminanti più critiche rispetto alla dimensione, poiché sempre più metropoli adottano politiche creative per attirare i talenti da tutto il mondo".

Debuttano, inoltre, nuovi poli in grado di attirare talenti. Mentre gli Usa, Singapore e la Svizzera da sempre rappresentano mete privilegiate dai talenti, la concorrenza potrebbe inasprirsi tra i poli emergenti come Indonesia, Giordania, Cile, Corea del Sud, Ruanda e Azerbaigian, a fronte dell'incremento dei lavoratori interessati a queste destinazioni sempre più interessanti.

"La scarsità delle competenze professionali - si osserva - affligge i paesi emergenti: i gap nelle competenze professionali persistono nei paesi emergenti come Cina, India, Sudafrica e soprattutto in Brasile, dove le capacità dei talenti mostrano segni di indebolimento su tutti i fronti. Anche alcuni paesi ad alto reddito come Irlanda, Belgio e Spagna cominciano a manifestare lo stesso fenomeno".

Come afferma Bruno Lanvin, executive director di Global Indices presso Insead e co-autore della relazione, “una raccomandazione chiave che emerge dalla relazione riguarda gli Stati, che devono imparare a gestire le nuove dinamiche emergenti della 'circolazione dei cervelli' con maggiore abilità: mentre la mobilità economica temporanea di figure altamente qualificate potrebbe essere inizialmente considerata come una perdita per il paese di origine, gli Stati devono tener conto del guadagno netto che percepiranno al momento del ritorno in patria".

"Lo sviluppo eccezionale del settore dell'elettronica di Taiwan, grazie ai lavoratori rimpatriati dalla Silicon Valley, è un modello preso ad esempio da molti. Nuove tecnologie potrebbero creare nuove sfide per i lavoratori aventi livelli diversi di competenze: l'automazione sta annientando i lavori non specializzati; gli algoritmi potrebbero determinare la delocalizzazione delle posizioni che richiedono competenze di livello medio”, prosegue Lanvin.

Da parte sua, Paul Evans, professore emerito titolare della cattedra di Risorse umane e Sviluppo organizzativo intitolata alla Shell, presso Insead, e direttore accademico e co-autore dell'indice Global Talent Competitiveness Index, sottolinea: “La nostra analisi dei dati globali mostra che la retribuzione, da sola, non basta per attirare e fidelizzare i talenti, anche dall'estero: la qualità della gestione assume, infatti, un ruolo sempre più importante".

"Mentre le opportunità di istruzione superiore rimangono un fattore chiave nella capacità di attirare e fidelizzare i talenti, un fattore di richiamo sempre più irrinunciabile - precisa - coincide con la professionalità delle imprese e delle pratiche di gestione, come dimostrato dall'ottimo posizionamento in classifica dei Paesi nordici che brillano in termini di meritocrazia, gestione professionale e attenzione verso lo sviluppo dello staff. Un aspetto particolarmente importante per la generazione del millennio, formata dai leader creativi del futuro”.

“L'evoluzione del mondo del lavoro - commenta Alain Dehaze, Chief Executive Officer per Adecco Group - procede a un ritmo senza precedenti, introducendo grandi opportunità e sfide: 200 milioni di persone sono disoccupate e l'automazione mette a rischio circa 1 posto di lavoro su 2. A fronte dell'inarrestabilità di digitalizzazione e invecchiamento, l'indice Gtci conferma il ruolo prioritario della mobilità dei talenti al fine di potenziare la competitività e bilanciare eccedenze e carenze di competenze a livello internazionale".

"I paesi che vantano una reputazione d'eccellenza nel talento - aggiunge - dimostrano che, per attirare i talenti, i governi devono investire nell'istruzione e negli hub di conoscenze, nonché snellire la burocrazia e semplificare i mercati del lavoro. Le imprese dovrebbero promuovere la mobilità dei talenti e investire nell'iperconnettività per capitalizzare sulla tecnologia, sfruttare le opportunità offerte dall'economia globale e creare posti di lavoro”.

Per Wong Su-Yen, Chief Executive Officer di Hcli (Human Capital Leadership Institute), “la circolazione dei talenti negli Stati è sostenuta da una serie complessa di fattori economici, politici e sociali". "La nascita della Comunità economica dell'Asean (Aec) - spiega - ha dimostrato che gli Stati che tradizionalmente attirano i talenti potrebbero vedersi sottrarre il vivaio locale di talenti ad opera di altri mercati emergenti nella regione. Dobbiamo ricordare che la competitività dei talenti di uno Stato non conosce permanenza, e i talenti erranti spesso cercano nuovi orizzonti e opportunità di carriera a livello regionale e globale. La sfida per i paesi, quindi, consiste nel continuare a innovare nei modi in cui sviluppano, attirano e fidelizzano i talenti".

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