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Libri: esce 'L'ultimo contratto' di Di Mario, un diario metalmeccanico

14 aprile 2017 | 15.46
LETTURA: 4 minuti

(Video)

Antonello Di Mario
Antonello Di Mario

"L'ultimo contratto dei metalmeccanici è quello firmato il 26 novembre 2016 in Confindustria, a Roma, tra Fim, Fiom, Uilm e Federmeccanica-Assistal. Sigla poi confermata dal referendum tra i lavoratori che si è concluso a dicembre dello stesso anno. Si tratta di un accordo importante, giunto dopo quasi due anni di trattativa, un epilogo positivo con un alto valore politico, perché firmato anche dai metalmeccanici della Cgil e che, oltre a dare un profondo valore al primo livello (mantenendo l'espansione del secondo), dà una forte positività all'azione del diritto soggettivo allo studio". Così Antonello Di Mario, giornalista, responsabile dell'ufficio stampa della Uilm nazionale e docente alla Lumsa, spiega a Labitalia il titolo del suo libro, 'L'ultimo contratto' appena uscito per Tullio Pironti ed. (358 pagg., 14 euro) (video).

Il libro, che si avvale della prefazione del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, presenta la ricostruzione, tappa per tappa, di tutto quello che nel mondo del lavoro e delle relazioni industriali, ha portato alla firma di quello che Carmelo Barbagallo, leader della Uil, nella presentazione, definisce "uno degli eventi sindacali più importanti dell'anno da poco trascorso".

Un vero 'diario metalmeccanico' in cui Di Mario racconta anche una comparazione. Infatti, ricorda, "anche nel 1973, i metalmeccanici fecero un grande contratto, dopo 6 mesi di trattative e dopo 140 ore procapite di sciopero".

"E misero al centro del contratto - continua - l'inquadramento professionale e le ore di studio. Allora si usciva dalla crisi petrolifera, ora si esce dalla crisi globale e anche qui si rimette al centro, allora come oggi, la persona, l'individuo e il suo bisogno di essere formato, in ottemperanza dell'art. 3 della Costituzione". E l’ultimo contratto dei metalmeccanici, ricorda, "certifica essenzialmente il bisogno di essere uguali attraverso il lavoro in quello che è un grande Paese: non è una cosa da poco".

Ma nel 2016, contrariamente al 1973, anche il sindacato deve fare i conti con la sfida di Industria 4.0. "Il paese cresce poco -dice Di Mario- o meglio cresce, ma meno degli altri Paesi europei e può crescere solo con un forte apporto dell'industria e industria significa 'manifatturiero'", avverte.

"Siamo ancora il secondo Paese in Europa per forza manifatturiera, ma rischiamo di perdere punti. Se la Germania cresce dell'1,8%, la Francia dell'1,7%, noi siamo fermi all'1% e il Def recentemente licenziato dal Consiglio dei ministri, prevede nel corso dell'anno una crescita per l'Italia soltanto dell'1,1%, dato che già sarebbe positivo", ricorda.

Per questo, osserva Di Mario, "se non si investe nel manifatturiero l'economia non cresce". "E il contratto dei metalmeccanici ha proprio questa valenza: creare un effetto moltiplicatore sull'economia che può essere utile, al manifatturiero, all'industria, all'economia tutta", aggiunge.

"In questo senso i metalmeccanici auspicano meno tasse sul lavoro, meno imposizione fiscale per quelli che producono, e la stessa industria sta guardando al 4.0 che è un punto di riferimento anche per il sindacato metalmeccanico", spiega Di Mario.

"Investimenti sviluppo innovazione su processi di prodotto e sul prodotto stesso: è questa la nuova frontiera, e su questa scommessa si gioca anche il destino del paese. I metalmeccanici affermano con forza che bisogna arrivare a questo futuro standoci dentro, e la stessa cosa per l'industria perché non c'è più contrapposizione tra padrone e lavoratori, ma i lavoratori esercitano un loro ruolo nell'impresa e, se l'impresa funziona, ci sono diritti e lavoro. In questo c'è la partecipazione", conclude l'autore de 'L'ultimo contratto'.

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