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Sud: Svimez, nel 2013 occupati scesi ai livelli del 1977

30 luglio 2014 | 16.24
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Nuova flessione nel 2013: 282mila posti in meno.

Sud: Svimez, nel 2013 occupati scesi ai livelli del 1977

La nuova flessione del 2013, 282mila posti in meno, riporta il numero degli occupati del Sud per la prima volta nella storia a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni: il livello più basso almeno dal 1977. E' quanto rileva lo Svimez nel rapporto sull'economia del Mezzogiorno. Nel periodo della crisi dal 2008 al 2013 il Mezzogiorno ha registrato una caduta dell'occupazione del 9%, contro il -2,4% del Centro-Nord. Delle 985mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro, ben 583mila sono residenti nel Mezzogiorno. Un dato allarmante, da cui emerge che al Sud pur essendo presente appena il 26% degli occupati italiani si concentra il 60% delle perdite determinate dalla crisi.

Nel 2013 sono andati persi 478mila posti di lavoro in Italia, di cui 282mila al Sud. I più colpiti sono stati soprattutto i lavoratori giovani under 34 e al Sud (-12% contro il -6,9% del Centro-Nord). La nuova flessione riporta il numero degli occupati del Sud per la prima volta nella storia a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni: il livello più basso almeno dal 1977. "Tornare indietro ai livelli di quasi quarant'anni fa - si legge nel Rapporto Svimez - testimonia, da un lato, il processo di crescita mai decollato, e, dall'altro, il livello di smottamento del mercato del lavoro meridionale e la modifica della geografia del lavoro".

Da segnalare inoltre nel 2013 l'aumento del tasso di disoccupazione. Quello ufficiale nel 2013 è stato del 19,7% al Sud e del 9,1% al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro.

Le donne continuano a lavorare poco. Nel 2013 a fronte di un tasso di attività femminile medio del 66% in Europa a 28, se l'Emilia Romagna è perfettamente allineata con la media europea, le regioni del Mezzogiorno vanno peggio di Malta e della Romania (che registrano tassi di attività femminile rispettivamente del 50% e del 48,4%), scendendo fino al 38% in Puglia, il 37% in Calabria e Campania, il 35% in Sicilia.

I posti di lavoro inoltre sono sempre più a rischio. Nel 2013 chi non ha un lavoro stabile rischia di più di perderlo: il 16,4% dei lavoratori che nel primo trimestre 2012 avevano un contratto di lavoro atipico, un anno dopo, nel 2013, erano diventati disoccupati (di cui il 12,8% al Centro-Nord e il doppio al Sud, 25,3%).

Non va meglio nemmeno sul fronte dell'istruzione. Rispetto alla media dell'Europa a 27 del 75,3%, i giovani diplomati e laureati italiani presentano un tasso di occupazione di circa 27 punti più basso, pari al 48,3%. Si rischia così di alimentare, segnala lo Svimez nel Rapporto, che studiare non paghi più. Dei 3 milioni 593mila giovani Neet (Not in education, employment or training) nel 2013, aumentati di oltre il 25% rispetto al 2008, il 47% è diplomato e l'11% laureato. La condizione di Neet inizia quindi a diffondersi anche tra i titoli di studio medio-alti, con un aumento negli ultimi cinque anni del 54% dei diplomati e del 43% per i laureati. Per questo, non ci si iscrive più all'Università: i tassi di passaggio dalla scuola superiore all'istruzione terziaria nell'anno scolastico 2012-2013 sono scesi al 51,7% al Sud e al 58,8% al Centro-Nord, riportando il Paese ben al di sotto dei livelli di dieci anni fa.

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