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Desaparecidos, onlus ’24 marzo’: "don Reverberi vide le torture, ci aiuti a trovare i corpi"

13 gennaio 2024 | 14.57
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Nella foto don Franco Reverberi intervistato da 'Le Iene'
Nella foto don Franco Reverberi intervistato da 'Le Iene'

‘’I casi di tortura sono prescritti ma dopo la decisione del ministro Nordio di non concedere l’estradizione c’è comunque la possibilità di processare in Italia don Franco Reverberi per l’omicidio del 1976 di José Guillermo Veron, all’epoca ventenne. Abbiamo testimoni che lo hanno visto presente con i militari alla Derpartamental’’’. Così all’Adnkronos Jorge Ithurburu, presidente della onlus ‘24 marzo’, illustra i prossimi possibili passaggi sul caso del sacerdote della diocesi di Parma accusato di diversi crimini compiuti in Argentina durante la dittatura militare del 1976-83 dopo che il ministro della giustizia Carlo Nordio ha negato la sua estradizione. Nella provincia di Mendoza i desaparecidos che ancora si cercano in Argentina sono a tutt’oggi una cinquantina, di cui 14 nella cittadina di San Rafael, dove si trovava il sacerdote.

Don Reverberi è accusato di aver assistito a numerose torture alle quali erano sottoposti i prigionieri del regime di Videla prima di essere uccisi e fatti scomparire. Per il sacerdote è fissata un’udienza alla Corte di Appello di Bologna il 19 gennaio prossimo durante la quale gli verrà tolto l’obbligo di firma e da quel giorno tornerà completamente libero. ‘’La decisione di Nordio è stata una delusione perché la Corte di Appello di Bologna e la Cassazione avevano già valutato le condizioni di salute di Reverberi e si erano espresse a favore dell’estradizione. Tra l’altro proprio a luglio, pochi mesi fa, il ministro italiano aveva dato l’ok all’estradizione e invece ora, forse per il cambio di governo in Argentina, ci ha ripensato’’ prosegue Ithurburu.

‘’Al di là dell’aspetto giudiziario, don Reverberi potrebbe aiutarci a trovare i corpi delle decine di vittime che ci furono nella provincia di Mendoza, il sacerdote era infatti alla ‘Departamental’, il centro di detenzione clandestino dove i militari argentini tenevano i desaparecidos. E' difficile trovare le fosse, perché erano zone impervie di montagna, che conoscevano bene le brigate di fanteria argentine. I famigliari delle vittime però, anche a distanza di tanti anni, hanno diritto di dare sepoltura ai corpi dei loro cari’’.

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