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Fondi Lega, Carrara: "Niente a che spartire con il partito, ricostruzioni fantasiose"

02 ottobre 2020 | 18.45
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L'imprenditore: "Non ho fondi all'estero, illazioni compromettono la mia azienda"

(Fotogramma)
(Fotogramma)

"Ammetto di aver fatto più operazioni industriali sul territorio bergamasco ma mi accostano a determinate situazioni solo perché il mio consulente si chiamava Alberto Di Rubba, legato al movimento politico della Lega Nord. Io non ho niente a che spartire con il movimento Lega Nord, sono stato fornitore ma tutte le mie iniziative imprenditoriali non hanno niente a che fare con il movimento politico. Da oggi partono tutte le precauzioni del caso per tutelare la mia immagine e quella delle mie aziende". Marzio Carrara è esausto. Non è la prima volta che il nome dell’imprenditore bergamasco, leader nella tipografia con la sua Boost Spa, spunta nell’inchiesta della Procura di Milano che indaga nell'ambito dell'inchiesta sui presunti fondi della Lega a partire dal caso Lombardia Film Commission (Lfc).

Carrara non risulta indagato ma il suo nome è legato a quello di Alberto Di Rubba, uno dei tre commercialisti arrestati nella vicenda della compravendita del capannone di Cormano e vicino alla Lega, che in passato è stato amministratore di alcune società di Carrara. Quest’ultimo ha inoltre intrattenuto rapporti economici con Francesco Barachetti, l'elettricista ed ex consigliere del Comune di Casnigo, indagato per peculato: Barachetti nel 2018 acquistò da Carrara la Immobiliare Mediterranea.

"Per l’Immobiliare le ricostruzioni sono di fantasia - spiega Carrara all’Adnkronos - la casa venduta a Barachetti è stata pagata sotto un preliminare nel 2017 e il saldo pagato all’atto a dicembre 2018 per oltre 20mila euro. I restanti erano stati pagati prima tramite assegni con documentazione allegata. Le ricostruzioni che fanno sono di fantasia anche perché nel 2017 il sottoscritto non lavorava per la Lega Nord, nelle ricostruzioni si sta un po’ esagerando".

Quanto alla presunta acquisizione di un fondo estero con sede a Curaçao, nei Caraibi, Carrara sbotta: "Fondi all’esterno non ne ho, ricostruzioni così fantasiose sinceramente recano solo danni. Ho tutto per dimostrarlo, le illazioni le dimostro coi fatti”. Quindi ci tiene a sottolineare: “Nel 2018 ho comprato la società Lebit, che era la holding della società Lediberg, di proprietà dal 2013 del fondo Iris Fund Capital, che aveva sede alle Antille olandesi. Non l’ho costituito io ma bensì ho comprato l’azienda sul territorio bergamasco, tutti sapevano che la proprietà era di questo fondo già nel 2013".

E ancora, precisa: "Io l’ho comprata nel 2018, ho fatto la fusione con l’altra azienda concorrente di nome Johnson ed è diventata Boost. L’atto che ho fatto era di acquisto di azioni da Iris, presso un noto studio di Milano. Ho fatto un escrow account quindi i soldi non li neanche mandati a Curaçao, ma sono stati versati su un conto italiano e io ho girato le azioni per 6 milioni di euro". Quindi, prosegue l'imprenditore: “Non ho mai avuto una fiduciaria nella mia vita, anche se non c’è niente di illegale ad averla. Io non l’ho mai avuta, sono sempre stato in prima persona e sempre amministratore di tutto. Ho comprato la Lebit Holding, io con quel fondo di Curaçao non c’entro niente. Essere accostato a vicende svizzere brutte, di una cattiveria assurda, recano solo danni”.

"Io - aggiunge - ho tutta la documentazione da mostrare a chiunque, non trovo corretto in maniera così superficiale fare degli accostamenti, qualcuno si assumerà la propria responsabilità". Quanto scrivono i giornali, per Carrara "è una roba indegna". Quindi osserva: "Se avessi fatto solo l'1% di quello che scrivono… scrivono che sono andati 13,5 milioni nel 2017 dalla Lebit italiana a quella tedesca ma io nel 2017 non ero qui e poi 13,5 milioni e mezzo non li ho mai visti nella vita. Queste cose mi fanno male, sono ricostruzioni che non hanno niente a che fare con me, tutto quello che ho fatto l'ho fatto in modo chiaro e trasparente con laute tasse pagate, tutto è stato fatta alla luce del sole".

Carrara conclude amaro: "Tutto ciò è infangante per la mia azienda, con la fatica che faccio… ho 1.000 dipendenti e in un momento come questo tra Covid, calo del fatturato e tutto il resto, certe illazioni compromettono la mia azienda. Quanto alla mia persona, io sono a posto con la coscienza ma per i risvolti economici sulla mia azienda non so cosa può succedere, di sicuro tutto questo non me lo merito".

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