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Guerra Ucraina, la fuga di Zoia: "Così sono scappata dalle bombe e dall'orrore"

17 marzo 2022 | 16.07
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Al sicuro a Palermo, Zoia, studentessa universitaria 20enne, racconta il viaggio verso la salvezza 

Guerra Ucraina, la fuga di Zoia:

"Un giorno spero di poter tornare a casa per aiutare la mia gente. Voglio che il mio Paese sia di nuovo bello come prima". Dalla sua città, Lebedyn nell'Ucraina nord orientale, Zoia, 20 anni, studentessa di lingue straniere, è scappata mentre le bombe seminavano morte e devastazione nell'intero Paese. "E' stato un miracolo", dice all'Adnkronos adesso che è al sicuro a Palermo. Quando la guerra è scoppiata lei era a Kharkiv. "Studio all'università di Karazin. Già un mese prima dell'inizio del conflitto i miei amici all'estero mi avevano detto di andare via. 'Non sei al sicuro lì', continuavano a ripetermi ma io non credevo che fosse possibile, che l'Ucraina potesse essere invasa dai soldati russi. Mi rifiutavo di crederlo... e come me tanti altri". 

A Kharkiv Zoia viveva in un dormitorio insieme ad altre due ragazze. "Una mattina, intorno alle 5, una di loro mi sveglia. Mi dice di aver sentito delle esplosioni. Poi su internet leggiamo dei bombardamenti in tutta l'Ucraina. 'Prendi tutte le tue cose e preparati ad andare via', mi dice". Lasciare la città, però, non è stato facile. "Non c'erano più autobus per la mia destinazione. Mia madre ha chiamato tutti i nostri amici e parenti, alla fine ha saputo di una persona che stava andando a prendere dei nostri familiari e che aveva un posto in auto". Per raggiungere il luogo dell'appuntamento, però, Zoia ha dovuto percorrere a piedi diversi chilometri. "L'auto non è entrata in città e così, insieme alla famiglia che era con me, ho camminato per circa un'ora. Durante il tragitto un uomo si è offerto di darci un passaggio in macchina per un piccolo tratto perché insieme a noi c'era una bimba piccola".  

Il viaggio per arrivare a Lebedyn dai genitori dura quattro ore. "Nessuna sosta, solo un paio di minuti a Okhtyrka", racconta mentre con la mente torna indietro a quei giorni interminabili. "Il traffico era intenso ma siamo riusciti a procedere spediti. Io ero sotto choc, non riuscivo a rendermi conto di quello che mi accadeva intorno, mi sembra di essere in un film. Quando siamo arrivati a Okhtyrka ho visto due o tre carri armati ucraini. So che nel pomeriggio anche lì sono iniziati i bombardamenti e una parte di città è stata distrutta. Solo allora ho realizzato che eravamo in guerra e ho iniziato davvero ad avere paura. Avevo percorso quelle strade poche ore prima..." Salva per un soffio.

"Ho capito davvero che in Ucraina non sarei stata al sicuro in nessun posto". Neppure a casa. "Dopo tre giorni dall'inizio della guerra sono iniziati i bombardamenti anche lì. Soprattutto intorno alle 4-5 di mattina. Io e mamma andavamo in un locale sotterraneo. Restavamo due/tre ore ad aspettare. Faceva molto freddo". Una notte Zoia e i suoi genitori, però, decidono di restare a casa. "E' stato terribile. Ci siamo svegliati sotto le bombe con il suono delle esplosioni, abbiamo preso qualche coperta, indumenti più pesanti e siamo scappati giù. Tremavo fortissimo". Forse è stato allora che Zoia ha realizzato che la morte non era poi una possibilità così remota. "Avevo paura che il mio papà o la mia mamma potessero essere uccisi, di restare ferita o di essere stuprata. Avevo sentito che in altre città alcuni soldati russi lo avevano fatto o che erano entrati nelle case facendo razzia di tutto quello che trovavano: cibo, denaro, cellulari". 

A Palermo Zoia è arrivata con la mamma. "Papà è rimasto a casa. Ci sentiamo ogni giorno, cerca di tranquillizzarmi, mi dice che va tutto bene, ma io so che non è così. So che è spaventato anche se lui fa di tutto per nascondere le sue emozioni". La fuga dall'Ucraina è iniziata l'8 marzo. "Già prima io e la mia mamma volevamo scappare, abbiamo chiamato tanti amici per farlo ma tutti ci dicevano che non era sicuro". Il viaggio per arrivare in Polonia non è stato per niente facile. "Da casa siamo arrivate in una città vicina grazie a una persona che trasportava aiuti, da qui con un taxi ci siamo spostate ancora in un'altra città e con un treno siamo arrivate vicino al confine con la Polonia e poi in un campo profughi". 

Un volo domenica scorsa le ha condotte a Catania e da qui hanno raggiunto Palermo. "In Ucraina in tanti sono rimasti a combattere - dice Zoia -. Lottano per la libertà e aiutano anche chi non può andare via. Sono sicura che il mio Paese vincerà e sogno un mondo in cui non ci sia più questa assurda guerra. Finché non sarà così, però, i tanti civili che oggi sono lì a difendere l'Ucraina non possono non essere considerati degli eroi. In Russia tanti ancora credono alla propaganda di Putin, un cancro. Non sanno che significa vivere nel terrore e sotto le bombe". Lei, 20 anni e tanti sogni in tasca, lo sa bene. "Ho sentito gli spari, visto le case distrutte, le strade sventrate e la gente in fuga. E' assurdo. Un orrore infinto". (di Rossana Lo Castro)

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