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Metamateriali

Bill Gates a caccia di metamateriali per i nuovi device

04 giugno 2021 | 07.17
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Il nuovo venture fund Meta-VC Partners, di base a San Francisco, sta raccogliendo 100 milioni di dollari per il primo round di investimenti, ottenendo l’appoggio sia di Bill Gates che di Nathan Myhrvold, ex chief technology officer di Microsoft.

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Superare le caratteristiche dei materiali naturali è qualcosa che l’uomo fa da sempre, pensiamo alle leghe metalliche utilizzate già dalla preistoria per migliorare le caratteristiche del singolo metallo. E poi ancora: i materiali compositi, che uniscono due materiali diversi per ottenere le caratteristiche volute. Il cemento armato e il compensato ne sono un esempio. I metamateriali superano questo concetto, mettendo in gioco non solo la composizione chimica, ma anche la struttura: a fare la differenza è anche e soprattutto come sono disposte le loro molecole. Hanno caratteristiche elettromagnetiche, acustiche o meccaniche peculiari, non presenti in natura, e sono fondamentali per la ricerca in campo ottico e in quello delle microonde. Ecco perché i campi di applicazione sono molti e si muovono fondi come quello di Meta-VC Partners sostenuto anche da Bill Gates.

Lenti, antenne, sensori, filtri, con proprietà uniche che sfidano la realtà come la conosciamo, per device con funzioni sempre più avanzate e dimensioni minime. Uno dei campi di applicazione dei metamateriali che interessa moltissimo in questo periodo è collegato alle batterie. Particolari metamateriali con proprietà elettromagnetiche potrebbero permetterci in un futuro non troppo remoto di dire addio alle batterie, dando la possibilità, ad esempio, al nostro smartphone di funzionare grazie agli impulsi inviati da uno speciale abbigliamento conduttivo. Questo nel momento in cui in tutto il mondo tech si sta affrontando il dilemma etico ed economico del cobalto, ingrediente essenziale delle moderne batterie al litio, molto più leggere e potenti delle batterie tradizionali e ormai utilizzate ovunque. Uno smartphone ne contiene da 5 a 10 grammi, un computer portatile 30, un’auto elettrica da 4 a 9 kg. Circa il 60% del cobalto è estratto nella Repubblica Democratrica del Congo, uno dei Paesi più poveri al mondo. Molti minatori sono bambini, che lavorano in condizioni di semischiavitù estraendo il minerale a mani nude. Almeno 100mila persone in Congo lavorano, senza tutele e con paghe minime, nelle miniere di cobalto, che poi viene esportato e processato per produrre le batterie al litio. Un processo produttivo dominato dalla Cina, che processa l’80% del cobalto mondiale e produce il 56% delle batterie al litio (seguono gli Usa con il 14%).

La domanda di cobalto è esplosa negli ultimi anni. Secondo le stime di Morgan Stanley 1300 tonnellate di cobalto sono state usate nei soli veicoli elettrici nel 2014, e dovrebbero diventare, stando alle proiezioni, 63000 nel 2025. La domanda crescente ha fatto schizzare i prezzi nell’arco di un biennio, dal 2016 al 2018 sono quadruplicati. Qui entra in gioco lo la ricerca sui nuovi materiali: in prima linea c’è Tesla, che sta cercando di ridurre la presenza di cobalto nelle proprie batterie e spera di riuscire ad eliminarlo del tutto, anche se ancora non ci sono risultati apprezzabili. La risposta potrebbe essere non tanto quella di eliminare il cobalto, ma direttamente le batterie.

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