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Il banchiere Ciampi, il Governatore 'prestato' al Paese

Il banchiere Ciampi, il Governatore 'prestato' al Paese
16 settembre 2016 | 13.26
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''Aveva ragione mio fratello, facevo meglio a rimanere banchiere''. La frase che Carlo Azeglio Ciampi pronuncia il 28 dicembre 1993, quando è presidente del Consiglio del governo tecnico chiamato a risollevare l'Italia dalla polvere di Tangentopoli, sintetizza il senso di appartenenza alla propria professione, quella di banchiere centrale, di un uomo che, laureato in lettere e giurisprudenza e appassionato di filosofia, ha dedicato la propria vita prima alla Banca d'Italia, Governatore dal 1979 al 1993, e poi al Paese, più che alla politica (non ha mai avuto una tessera di partito ad eccezione di quella del Partito d'azione). Accettò per spirito di servizio prima l'incarico a Palazzo Chigi, poi quello da ministro (Tesoro e Bilancio). E quando il 13 maggio 1999 viene eletto decimo presidente della Repubblica, completa il suo profilo da 'garante del Paese'.

Ciampi, nella sua lunga esperienza politica, non dimentica mai la sua storia e continua, a più riprese, a definirsi un banchiere. E' un concorso in Bankitalia a segnare l'inizio di una carriera che parte dal basso. Lavora in alcune filiali di Via Nazionale, prima con mansioni amministrative e poi ispettive. E si segnala, da subito, per la capacità di affrontare e risolvere problemi. Nel 1960 arriva il salto all'amministrazione centrale della Banca d'Italia, al Servizio Studi, di cui diventa direttore nel luglio 1970. Poi, la rapida salita nelle gerarchie di Palazzo Koch. Segretario generale della Banca d'Italia nel 1973, vice direttore generale nel 1976, direttore generale nel 1978, nell'ottobre 1979 viene nominato Governatore della Banca d'Italia e presidente dell'Ufficio Italiano Cambi, funzioni che assolve fino al 28 aprile 1993.

Gli anni del Ciampi Governatore sono caratterizzati soprattutto dalla svolta che viene impressa, grazie proprio alla determinazione del numero uno di Via Nazionale, alla politica monetaria. Con l'inflazione assoluta protagonista in negativo, galoppante invece che asfittica come oggi, come primo avversario da sconfiggere. "Un male sottile", la definisce spesso Ciampi, che va curato con strumenti diversi da quelli a disposizione. E se oggi il presidente della Bce, Mario Draghi, ricorre a misure non convenzionali per difendere la stabilità dei prezzi, all'inizio degli anni '80 Ciampi arriva a stravolgere i rapporti fra Tesoro e Bankitalia, scegliendo una profonda divisione tra il potere esecutivo e quello monetario.

Con l'asta dei Bot del luglio 1981 inizia "un nuovo regime di politica monetaria. Si inaugura, infatti, il cosidetto "divorzio" fra Tesoro e Banca d' Italia: una "separazione dei beni" che esime la seconda dal garantire in asta il collocamento integrale dei titoli offerti dal primo", sintetizza un'analisi di Beniamino Andreatta. Un passaggio storico, fortemente voluto da Ciampi. Già nel 1980, lo stesso numero uno di via Nazionale scrive: "Il ritorno a una moneta stabile richiede un vero cambiamento di costituzione monetaria, che coinvolge la funzione della Banca centrale, le procedure per le decisioni di spesa pubblica e quelle per la distribuzione del reddito. Prima condizione è che il potere della creazione della moneta si eserciti in completa autonomia dai centri in cui si decide la spesa". Una presa di posizione netta per risolvere un problema annoso. Lo stesso approccio che il banchiere Ciampi non tradisce nelle sue future esperienze da premier, ministro e Capo dello Stato.

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