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Canada: assalitore Ottawa voleva andare in carcere per curare problemi droga

24 ottobre 2014 | 13.22
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Michael Zehaf-Bibeau, l'assalitore di Ottawa, poco meno di tre anni fa tentò di rapinare un McDonald's per poter andare in carcere ed iniziare un percorso di riabilitazione dalla sua dipendenza dal crack. In tribunale, secondo documenti ottenuti dal Telegraph, Zehaf-Bibeau descrisse se stesso come un "religioso tossicodipendente dal crack" che voleva "sacrificare la sua libertà" per diventare un "uomo migliore".

Zehaf-Bibeau, ucciso dopo l'assalto al Parlamento del Canada di mercoledì, il 16 dicembre del 2011 tentò di rapinare un ristorante McDonald's di Vancouver armato con un bastone appuntito e poi attese con calma di essere arrestato. Parlando in maniera lucida, ma a tratti molto velocemente, in tribunale l'uomo affermò: "Il mio piano è... sono un tossicodipendente da crack e allo stesso tempo sono una persona religiosa. Voglio sacrificare la libertà e le cose buone, forse per un anno, in modo che quando uscirò apprezzerò di più le cose della vita, sarò pulito, o forse avrò accesso ad una terapia per la disintossicazione, se me ne darete la possibilità".

Alcune ore prima della tentata rapina al McDonald's, Zehaf-Bibeau era entrato in una stazione di polizia di Vancouver chiedendo di essere "punito" per una rapina a mano armata che sosteneva di avere commesso dieci anni prima nel Quebec. Era la seconda volta nell'arco di tre settimane, scrive il Telegraph, che il futuro assalitore di Ottawa tentava di confessare quel reato.

Gli agenti non riuscirono a trovare alcuna traccia negli schedari della presunta rapina. Tuttavia, lo fermarono in base alle leggi sui disturbi mentali e lo portarono in ospedale, dove uno psichiatra stabilì che non era malato di mente. Poco dopo, Zehaf-Bibeau venne rilasciato. Dai documenti processuali è emerso anche che gli agenti condussero Zehaf-Bibeau in un centro per la disintossicazione, nel quale però non venne ammesso in quanto non risultò affetto da alcuna tossicodipendenza.

Un esperto che lo visitò prima di una nuova udienza in tribunale, affermò di ritenere che Zehaf-Bibeau soffrisse di un disturbo della personalità mai diagnosticato. Il rapporto di uno psichiatra, consegnato ai giudici e visionato dal Telegraph, stabilì infine che l'uomo era sano di mente. "Vuole andare in carcere perché crede che questo sia l'unico modo per superare la sua tossicodipendenza dal crack", è scritto nel documento.

Nelle udienze preliminari, l'accusa nel procedimento per la tentata rapina chiese quindi la scarcerazione su cauzione di Zehaf-Bibeau, anche a causa del sovraffollamento carcerario. L'imputato chiese però di non essere rilasciato: "Se mi scarcerate, cosa pensate che accadrà -disse ai giudici- farò la stessa cosa e sarò di nuovo qui". Zehaf-Bibeau accolse quindi con soddisfazione, "perfetto, perfetto", la decisione del tribunale di tenerlo in cella. L'uomo trascorse 66 giorni dietro le sbarre prima di dichiararsi non colpevole dell'accusa di rapina e colpevole dell'accusa di minacce. Il tribunale infine lo condannò ad una pena detentiva pari al tempo che l'uomo aveva già trascorso in carcere.

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