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Covid, per medici italiani in Gb bene coordinamento con medici di base ma serve strategia globale contro pandemia

(Afp)
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02 marzo 2021 | 19.08
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'Vaccinare più persone possibile è una strategia vincente, in generale''. Quello che resta ''un'incognita'' contro il coronovarius è ''se la strategia migliore sia fornire la prima dose del vaccino a un numero maggiore di persone'', come sta facendo il governo britannico, oppure ''fornire entrambe le dosi alle persone più vulnerabili'', come ha scelto di fare l'Italia. La terza via, suggerita in un'intervista all'Adnkronos da Lorenzo Garagnani, primario di chirurgia della mano al Guy's & St Thomas' Hospital di Londra e professore associato onorario all'università King's College, è quella di adottare ''una strategia globale'', qualunque delle due sia.

Intanto in Gran Bretagna è stato ''fondamentale il dialogo e il coordinamento tra la squadra vaccinale imponente messa in piedi tra fine dicembre-inizio gennaio e i medici di base per raggiungere la popolazione''. Tanto che a risultare ''vincente'' è stato ''l'aspetto organizzativo'' della campagna contro il coronavirus, che potrebbe essere preso da modello, ''anche dall'Italia''. Lo spiega all'Adnkronos la dottoressa Roberta Forlano, internista presso l'Imperial College di Londra e laureata all'Università di Foggia. ''E' in atto un grandissimo sforzo vaccinale'', prosegue, affermando che ''personale medico e paramedico è stato preparato per potere eseguire i vaccini in vari punti, comprese farmacie e dai medici di base oltre che negli ospedali''. E hanno ''dialogato con i medici di base, che hanno accesso alle cartelle cliniche dei loro pazienti''.

Per Garagnani ''è importante che tutti i Paesi adottino la stessa linea'', altrimenti si rischia di avere solo ''una vittoria a breve termine''. Ma ''la battaglia è lunga e bisogna agire superando gli orgogli nazionali''. Perché ''si tratta di una pandemia che riguarda il mondo interno e non di una epidemia nazionale'' ed ''è impensabile vivere a lungo in questo modo'', con il rischio che ''emergano nuove varianti quando si tornerà a viaggiare''. Primo medico italiano a essere vaccinato contro il coronavirus in Gran Bretagna e Segretario generale della Italian Medical Society of Great Britain (ImsoGb), cita i successi della campagna vaccinale britannica: 20.275.451 persone vaccinate con la prima dose, 815.816 con la seconda. E il vaccino offerto ''gratuitamente a tutti, anche agli immigrati non registrati''. ''L'optimum sarebbe seguire la strategia indicata dai produttori dei vaccini, ma bisogna fare i conti con la pandemia, le varianti, le dosi che scarseggiano'', afferma. ''Secondo fonti governative, la strategia britannica di fornire la prima dose del vaccino a più persone possibile ritardando la seconda sta funzionando, sta riducendo i contagi e le ospedalizzazioni sono in calo'', prosegue. Allo stesso tempo, però, si tratta di ''un dato un po' preliminare, non sappiamo con certezza cosa accadrà''.

Certo, ''a livello medico è una strategia condivisibile'', ma ''la sua efficace resta un'incognita. Si vuole stimolare il sistema immunitario con una prima dose. Ma è certo che una seconda dose aumenta la copertura, anche se nessun vaccino offre una copertura del cento per cento sulle malattie nuove'' come quella da coronavirus. Garagnani ammette che ''nessuno sa cosa aspettarsi. Perché una strategia punta sui numeri, riducendo l'efficacia del vaccino sulla persona. L'altro metodo, adottato in Italia, punta a dare la maggiore copertura vaccinale possibile al singolo individuo. Bisogna aspettare e vedere i risultati''.

Quello che non funziona, secondo il chirurgo italiano, è il fatto che ''ogni nazione si sta comportando in maniera indipendente. Quello che manca è una coordinazione globale che superi quella su base nazionale. Alcune nazioni hanno strategie più valide di altre. Ma il vaccino continua a diffondersi nel mondo, si creano focolai, emergono nuove varianti''. Il risultato, afferma, è che ''si vincono battaglie, ma la fine della guerra è lontana''. Forlano, che lavora per il Nhs, il Sistema sanitario nazionale inglese, parla di ''situazione decisamente migliorata in Inghilterra'', dove ''il trenta per cento della popolazione è stato vaccinato con la prima dose'' e si è registrata una ''netta riduzione dei ricoveri negli over 70''. In generale, ''si è ridotta la trasmissione del virus. Anche per le restrizioni'' messe in atto dal governo di Londra, che da prima di Natale ha messo il Paese in lockdown.

''I dati dimostrano che questa strategia molto criticata in principio, per ora sta dando buoni frutti. Ha ridotto sia le nuove infezioni, sia il numero delle persone ricoverate'', aggiunge Forlano commentando la decisione dell'Nhs di fornire una prima dose di vaccino a più persone possibili, piuttosto che fornire entrambe le dosi alle persone più vulnerabili come sta facendo l'Italia. Forlano, che privatamente lavora presso la clinica 'Dottore London', spiega che ''gli italiani stanno rispondendo bene all'offerta vaccinale, così come gli altri residenti in Inghilterra''.

Intanto, Alessandra Mazzola, cardiologa pediatrica all'Evelina Children Hospital di Londra, dice all'Adnkronos di aver diagnosticato ''in cardiologia pediatrica tantissime sindrome infiammatorie post Covid che sono molto simili a una sindrome di kawasaki''. E ''che danno nei 15-20 giorni dopo l'infezione da coronavirus una manifestazione infiammatoria con febbre molto alta, dilatazione coronariche, miocardiati''. Insomma, ''in generale le forme cliniche nei bambini sono più lievi, ma non da sottovalutare'' perché ''anche se asintomatici possono poi manifestare questa sindrome infiammatoria molto impegnativa dal punto di vista clinico''.

Quello che è certo è che la variante inglese del Covid-19 è ''maggiormente trasmissibile e contagiosa in generale, quindi anche tra i giovani perché tra loro si rispetta meno il distanziamento sociale''. Inoltre, ''per i bambini sotto i 16 anni non ci sono ancora i vaccini e quindi sono fuori dalla campagna vaccinale''. Per proteggerli, secondo Mazzola è utile la chiusura delle scuole a livello di asili e scuole elementari, ''perché per i bambini più piccoli è più difficile rispettare il distanziamento sociale e le regole di igiene''. Mentre ''per gli adolescenti, con le giuste raccomandazioni'', il ruolo della scuola ''anche a livello sociale'' è troppo importante per rinunciarci totalmente. ''Salvo nella prima fase dell'emergenza, quando in Italia sono state necessarie scelte coraggiosi e difficili'', conclude.

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