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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

02 settembre 2016 | 10.27
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

"L'Europa deve pensare a una diversificazione, ad assicurare complementarità rispetto al gas proveniente dalla Russia che, nell'equazione energetica europea, c'è e continuerà a esserci, e per far questo non deve puntare solo al Nord, ma scommettere, e convintamente, sul Sud, cioè sull'area del Mediterraneo e sull'Africa, e renderlo forte. Non possiamo permetterci di avere degli interlocutori deboli perché la debolezza dell'Africa o del Mediterraneo diventa una debolezza fortissima per il Vecchio Continente". Così, in un'intervista a 'Il Sole 24 Ore, Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni.

"E' una proposta utile per i lavoratori che saranno coinvolti. Ma anche conveniente per il governo, che potrebbe risparmiare fino a due miliardi di euro l'anno rispetto ai 4,6 miliardi che spende oggi per l'indennità di mobilità. Il problema dell'Italia è la produttività. La decontribuzione non accresce la produttività, rende solo più conveniente l'assunzione e spinge il contratto a tutele crescenti". Così, in un'intervista a 'Il Corriere della Sera', Maurizio Stirpe, vicepresidente di Confindustria.

"Tre miliardi da spendere ogni anno per i vivi e non per risarcire i morti. Anche coinvolgendo le assicurazioni, che non sono il male assoluto, ma evitando che ci guadagnino troppo. Perché è ora che l'Italia si doti di un piano, in chiave di prevenzione antisismica, come gli altri grandi paesi. Le intese tra banche e assicurazioni arrecano un beneficio ai consumatori perché danno un'opzione in più. Il problema è quando nascondono un'obbligatorietà di fatto. Come Ivass e Bankitalia quest'anno abbiamo costretto banche e assicurazioni a dirci cosa intendono fare per evitare questi rischi di combine. Se la politica optasse per l'assicurazione antisismica obbligatoria, il controllo pubblico sarebbe moltiplicato. Le compagnie devono guadagnarci il giusto". Così, in un'intervista a 'La Repubblica', Salvatore Rossi, direttore generale di Bankitalia e presidente Ivass.

"Ci sarà una fase di consolidamento nei prossimi 2-3 anni. E sarà un processo che riguarderà l'intero mercato del credito europeo. In Italia negli ultimi anni sono state varate riforme importanti, come quelle sulle Popolari ad esempio. Tuttavia non basta. Occorre rivedere il modello di business, la governance, i non performing loans. Questo non significa che tutte le banche italiane siano uguali. Ce ne sono alcune che funzionano bene, altre meno. E' il sistema nel suo complesso che si deve modernizzare. Chi si è mosso per tempo, come la Spagna, ora sta raccogliendo i frutti". Così, in un'intervista a 'Il Sole 24 Ore', l'economista Nicolas Véron.

"Le istituzioni europee sono davanti a delle scelte che più vengono rinviate meno saranno efficaci. Adesso si favoleggia di un prolungamento del Piano Juncker per potenziarlo da circa 300 miliardi a 500 miliardi. Bisognerà valutare nel concreto come l'aumento avverrà, purché non si tratti solo dell'incremento dell'ipotetico moltiplicatore finanziario che da 15 (per cui i 20 miliardi iniziali dovrebbero generare investimenti totali di 300) passa a 25. Una scelta molto più intelligente, che farebbe anche al caso italiano di ricostruzione e prevenzione di fronte a eventi catastrofali, sarebbe quella di creare un segmento del Piano per finanziare quel tipo di investimenti in progetti di partenariato pubblico-privato. Ancor meglio sarebbe che la Bei emettesse una obbligazione di scopo per le ricostruzioni e prevenzioni su catastrofi, che potrebbe essere acquistata all' emissione dalla Bce. Infine le norme europee dovrebbero rendere obbligatoria l'assicurazione dei privati, fornendo però alle compagnie una garanzia riassicurativa pubblica in parte nazionale e in parte sul bilancio europeo". Lo scrive su 'Il Sole 24 Ore, l'economista Alberto Quadrio Curzio.

"C'è una questione sulla tassazione delle imprese nel mondo. I sistemi non sono allineati a questo crea tensioni. Il nostro caso in Europa ne è l'esempio. Ma è anche vero che Apple è il più grande contribuente al mondo. Nel 2014 abbiamo riportato il 26,1% di tasse sui nostri ricavi e nel 2015 il 26,5%. Nel mondo delle imprese, queste aliquote sono piuttosto fra le più alte". Così, in un'intervista a 'Il Corriere della Sera', Luca Maestri, chief financial officer di Apple.

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