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Assange, sì a estradizione in Usa: decreto firmato in Gb

17 giugno 2022 | 12.06
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Il fondatore di Wikileaks è accusato di spionaggio. La moglie: "Faremo ricorso, Julian ha pubblicato prove che Usa hanno commesso crimini di guerra e li hanno insabbiati"

(Afp)
(Afp)

La ministra degli Interni britannica Priti Patel ha firmato il decreto di estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti dove il fondatore di Wikileaks è accusato di spionaggio per aver cospirato assieme all'ex analista dell'intelligence militare Manning per divulgare migliaia di documenti riservati sulle operazioni militari americane nel 2010.

Il fondatore di Wikileaks è rinchiuso da oltre 1100 giorni nel carcere londinese di Belmarsh dove nei mesi scorsi ha avuto anche un ictus. A nulla sono valse le battaglie di moltissime organizzazioni, tra cui Amnesty International, per il suo rilascio.

LA MOGLIE - "Questo è un giorno buio per la libertà di stampa e per la democrazia britannica", il commento della moglie di Julian Assange, Stella Morris. "Chiunque in questo Paese tenga alla libertà di espressione dovrebbe vergognarsi profondamente del fatto che il ministro dell'Interno abbia approvato l'estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti, il Paese che ha complottato il suo assassinio. Julian non ha fatto niente di male. Non ha commesso alcun crimine e non è un criminale. È un giornalista e un editore, e viene punito per aver fatto il suo lavoro", ha dichiarato. "Priti Patel poteva fare la cosa giusta. Invece - scandisce Morris - sarà ricordata per sempre come complice degli Stati Uniti nel loro obiettivo di trasformare il giornalismo investigativo in un'impresa criminale. Le leggi straniere ora determinano i limiti della libertà di stampa in questo Paese".

"Il percorso verso la libertà di Julian è lungo e tortuoso", prosegue. "Oggi non è la fine della lotta. È solo l'inizio di una nuova battaglia legale. Faremo ricorso attraverso il sistema legale; il prossimo ricorso sarà davanti all'Alta Corte. Combatteremo più forte e grideremo più forte per le strade, ci organizzeremo e faremo conoscere a tutti la storia di Julian. Non fatevi ingannare - continua - questo è sempre stato un caso politico. Julian ha pubblicato prove che il Paese che cercava di estradarlo ha commesso crimini di guerra e li ha insabbiati. La loro vendetta è cercare di farlo sparire nei recessi più oscuri del loro sistema carcerario per il resto della sua vita per dissuadere gli altri dal ritenere i governi responsabili. Non permetteremo che ciò accada. La libertà di Julian è accoppiata a tutte le nostre libertà. Combatteremo per restituire Julian alla sua famiglia e per riconquistare la libertà di espressione per tutti noi", conclude.

I GIORNALISTI ITALIANI - Anche la Federazione nazionale della Stampa italiana ribadisce il suo sostegno al fondatore di Wikileaks. "La decisione del governo di Londra di consentire l'estradizione di Julian Assange negli Usa è un attacco alla libertà di informare. Assange, che negli Stati Uniti rischia fino a 175 anni di carcere, ha semplicemente divulgato documenti relativi a questioni di grande interesse pubblico. È grave - afferma il segretario Fnsi, Raffaele Lorusso - che la ministra dell'Interno britannica Priti Patel non ne abbia tenuto conto. La sua decisione rappresenta un precedente pericoloso e poco edificante per qualsiasi Paese che si professi democratico". Martedì 21 giugno, alle 15.30, annuncia la Federazione della stampa, si terrà nella sede Fnsi una iniziativa a sostegno della campagna FreeAssange.

E dal Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti anche il presidente Carlo Bartoli sottolinea come “la decisione delle autorità inglesi di estradare Assange è un attacco frontale alla libertà di stampa, un monito a tutti i giornalisti a stare a testa bassa. Assange rischia una pena pesantissima semplicemente per aver svolto il suo lavoro di cronista divulgando notizie. La libera informazione - afferma Bartoli - è un cardine della democrazia, serve uno scatto delle istituzioni internazionali per impedire questo ulteriore strappo”.

MELENCHON - Dalla Francia è il leader di La France Insoumise e dell'alleanza Nupes, Jean-Luc Mélenchon a intervenire promettendo la naturalizzazione di Assange se domenica vincerà le elezioni legislative e se di conseguenza, come auspica, sarà nominato primo ministro. "L'estradizione di Julian Assange dai boia negli Stati Uniti dimostra l'ipocrisia di quelli che rifiutano il loro sostegno e scelgono tra i crimini di guerra. Assange deve essere naturalizzato e ricevere un'onorificenza per servizi resi alla Francia", sottolinea Mélenchon successivamente in un tweet.

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